Piccole donne malinconiche in cerca di nuove attenzioni
La cosa più semplice e superficiale è il paragone tra Little Sister del crepuscolare giapponese Hirokazu Kore-Eda e Piccole donne della Alcott; più interessante però è misurare lo stato dell’istituzione famiglia in un confronto con quelle discretamente infelici di Ozu.
Rispetto alle vezzose sorelle della guerra di Secessione queste sister, cecovianamente tre, che ne accolgono una quarta 16enne, di diversa madre, per condividere insieme lo stop and go del quotidiano completo di illusioni e delusioni, è il lato positivo di una famiglia di fatto che rispetta la genetica e finisce in allegra melanconia sulla spiaggia, come l’altro film sulla comunione delle donne, Much loved.
Questa commedia umana inizia col funerale del padre, la scoperta della sorellastra e poi parte verso la comunione dei beni psicologici e sociali, sessual-gastronomici (grappa, ghiottonerie) evidenziando che l’unione delle ragazze fa la forza (che ottima serie sarebbe ma viene da un manga).
Ognuna sorridendo si fa carico delle altre con affetto e misura e la cinepresa riprende queste sotterranee attenzioni, frena sull’amore difficile, grida il gran dubbio: rancore o rimorso? Ciascuna è sorella, madre e amica, gestisce occhiate e parole, senza mai mettere la quinta marcia del melò o della retorica, sfiorata nella visita della madre.
Premiabili attrici giocano la stessa partita con carte diverse aiutandoci a gustare non star wars ma un film di pace: che la debolezza, leggi delicatezza, ogni tanto sia con voi.