Internet, il museo e i migranti di Bolzano
Il Museion, il museo di arte moderna e contemporanea di Bolzano, ha deciso di togliere il servizio di wi-fi gratuito. Il luogo è diventato un ritrovo per rifugiati e migranti, che utilizzano la rete per collegarsi a Internet e tenersi in contatto con amici e parenti. Plauso della Lega, critiche a sinistra, imbarazzo del museo, che spesso espone opere sul tema delle migrazioni. «Non è una mossa contro i migranti», spiega la direttrice Letizia Ragaglia. «Dipendiamo dal server dell’Università, i nostri tecnici si sono adeguati in vista del 7 gennaio, quando Museion si doterà di una password per accedere». Strani percorsi, quelli della modernità italiana. Come una ragazzina timida in coda, c’è sempre qualcuno che le passa davanti. Quante volte s’è detto che l’accesso libero alla Rete rappresenta un’opportunità per tutti? Un volano per l’economia, un’occasione per i giovani, un veicolo di studio e conoscenza? Le città connesse sono più sicure, più vivibili, più ricche. Quante volte il Corriere, negli ultimi anni, ha scritto queste cose?
Capiamo il disagio di un museo trasformato in un centro di accoglienza diurno. Ma spegnere il wi-fi sposta soltanto il problema. Magari di un chilometro. Magari al caffè vicino che, intelligentemente, ha capito come il wi-fi rappresenti un’opportunità commerciale. Starbucks ha costruito anche così la sua fortuna. Non s’è chiesto: «Santo cielo! Chi ne usufruirà?». Ha pensato: un esercizio pubblico serve il pubblico. E nel pubblico ci sono il milionario, lo studente e il rifugiato. Probabilmente vogliono le stesse cose: controllare la posta e andare su Facebook. Perfino il governo italiano ha cambiato marcia. Per anni la legge ha rallentato la diffusione del wireless, considerandolo un problema per la sicurezza. Ora ha capito. Combattere violenti e terroristi limitando il wi-fi è come opporsi ai caimani vuotando i fiumi. Si può fare, ma è un’idea bislacca. I fiumi li usano tutti, e tutti ne verrebbero danneggiati. Rifugiati e migranti hanno dominato il 2015 e domineranno il 2016. Roma lo ha compreso prima di Bruxelles. Ma la Ue non ha torto quando sostiene che le nostre procedure di identificazione sono state lacunose. Stesso peccato: spostare i problemi, invece d’affrontarli. Se lo scaricabarile fosse una specialità olimpica, l’Italia punterebbe al podio. E Bolzano, come ha sempre fatto, contribuirebbe coi suoi campioni.