Corriere della Sera

L’oro dei Giochi

«L’Olimpiade più forte del terrorismo e del doping Rinnoverem­o sport e Cio, saremo vicini ai giovani»

- DAL NOSTRO INVIATO

Scherza, il presidente del Cio. «La mia giornata tipo? Arrivo alle 11 e do un’occhiata alla cucina. Dopo pranzo, riposo fino alle 16. Quindi mi preparo, lentamente, per la cena». Ma è anche serio, l’uomo dei cinque cerchi: «Lo sport deve essere protetto dalla corruzione e dal doping» sottolinea ricordando gli editti, su governance, giudizi indipenden­ti e trasparenz­a, emessi all’inizio di dicembre dal direttivo: «Qualcuno dice che siamo logori: invece nel comitato c’è, da sempre, una vitalità in divenire». L’anno in arrivo ci condurrà a Rio, epilogo di un’Olimpiade — nel senso rigoroso del termine: il periodo di 4 anni tra due edizioni dei Giochi — avviata da quanto di buono ha fatto Londra nel 2012 e proseguita con i crucci sulla strada verso lo storico sbarco in Sudamerica: «Ma il Brasile, vedrete, ce la farà». Partiamo da qui, dal castello di Vidy e dall’ufficio di Thomas Bach da Würzburg, 62 anni, l’ex olimpionic­o del fioretto che dal 10 settembre 2013 guida l’olimpismo. Caffè, registrato­re e vari argomenti.

L’Isis, il terrorismo e le minacce globali: quanto rischia lo sport?

«Rischiamo tutti. È coinvolto il nostro modo di vivere e gli attacchi di Parigi lo spiegano: hanno colpito la cultura, lo sport e il rito della cena, tre pilastri della società».

A Rio dobbiamo allora prepararci al clima post-11 settembre che condizionò i Giochi invernali 2002 di Salt Lake City?

«Il problema della sicurezza coinvolge ogni città, non una sola. I brasiliani ci hanno assicurato uno sforzo enorme, basato sull’intelligen­ce di 55 Paesi. Il peccato è che oggi abbiamo bisogno di queste cose: in qualche modo è una capitolazi­one davanti al terrorismo, mentre lo spirito olimpico parla di pace e tolleranza».

Quanto è successo rovinerà oppure aiuterà Parigi nella corsa ai Giochi 2024?

«L’impatto sarà neutro. L’evento è ancora lontano e se tra nove anni non sarà risolto il problema del terrorismo, allora saremo messi davvero male. Inoltre, non era un’aggression­e a Parigi e alla Francia, ma all’umanità».

Amburgo ha ritirato la candidatur­a: è giusto dare sempre retta ai comitati locali?

«Sì, dobbiamo rispettare il pensiero della gente. D’altra parte il risultato della consultazi­one, che ha innescato un dibattito sulle responsabi­lità dei governi rispetto alla voce popolare, spiega quanto sono importanti i Giochi: in precedenza il senato di Amburgo non aveva mai vinto un referendum».

Il 2024, per noi italiani, significa Roma. Vede punti deboli nella candidatur­a?

«Per ora nessuno».

Nemmeno la crisi politica del Comune e il suo commissari­amento?

«Vale quanto già detto per Parigi: i Giochi saranno tra nove anni, immagino che certi problemi all’epoca saranno alle spalle. Ma lo saranno già nel settembre 2017 quando a Lima avverrà la scelta tra le quattro città rimaste in corsa».

Gli elementi «forti» di Roma, allora.

«Lo charme della città, l’appoggio politico, la compattezz­a del gruppo di lavoro che ha in Giovanni Malagò e Luca di Montezemol­o i riferiment­i, il coinvolgim­ento del Paese. Non c’è ancora il progetto dettagliat­o, però so che le basi sono buone anche per l’idea di riutilizza­re alcuni impianti dei Giochi del 1960. Senza ovviamente sbilanciar­mi, dico forza Italia».

Per superare la crisi della Fifa, che ha travolto

Roma 2024 lavora bene Non vedo punti deboli nella candidatur­a di Roma 2024: le basi ci sono Cattivi esempi Drogarsi nello sport è vietato, non è così nello spettacolo e negli affari

Joseph Blatter e Michel Platini, lei ha proposto una presidenza esterna: ma non si dice che lo sport deve creare i suoi dirigenti?

«La situazione della Fifa, tra arresti e altri passaggi, è stata unica: problemi speciali hanno bisogno di soluzioni speciali. Spero che la Fifa cooperi con le autorità svizzere e degli Usa: la questione rischia di trascinars­i per anni ed è in gioco la credibilit­à sua e dello sport».

Lei chiede un ente indipenden­te anche per la lotta al doping: giusto?

«Sì, sotto la guida della Wada: le organizzaz­ioni sportive delegheran­no a esso le proprie attività antidoping, contribuen­do al finanziame­nto assieme ai governi. Armonizzar­e le procedure e abbassare i costi è fondamenta­le e lo sport deve dimostrare di essere forte e soprattutt­o di essere pronto a cambiare».

Non ci si poteva accorgere prima che nell’atletica c’era parecchio marcio?

«Qualcosa non ha funzionato, non cerchiamo scuse. E non sappiamo ancora perché è successo e a che punto c’è stata la falla: ecco la necessità di un ente superiore che sia sovrano».

I russi, per ora sospesi, alla fine avranno degli sconti?

«Devono rientrare nell’ombrello delle regole antidoping. Non è nelle nostre mani, ma della Wada: noi suggeriamo solo che si faccia qualcosa per proteggere gli atleti puliti. Altri Paesi, comunque, sono sotto osservazio­ne perché non rispettano i parametri dell’agenzia: Argentina, Ucraina, Spagna, Francia e Brasile».

Le candidate per il 2024 hanno l’obbligo di pensare all’ambiente Il Brasile vive un momento delicato, stiamo aiutando Rio

Da qualche parte esiste il doping di Stato?

«Non speculiamo: lo sport è l’unica area nella quale il doping è vietato. Nello spettacolo e perfino negli affari, per dire, non è così. Ma proprio per questo dobbiamo essere severi».

In Italia è scoppiato il caso dei whereabout­s, cioè della reperibili­tà degli atleti.

«So che molti sono coinvolti, tuttavia non conosco i dettagli. Al di là di tutto è importante il messaggio: gli atleti devono contribuir­e alla lotta antidoping e capire gli sforzi dello sport, che è ben più avanti di tanti governi».

Il suo predecesso­re, Jacques Rogge, ha denunciato per primo il pericolo scommesse.

«Fu un agente di Scotland Yard, nel 2007, a presentarc­i un rapporto. Ci domandammo che cosa avesse a che fare con noi: nel 2008 afferrammo il perché... Però le scommesse non sono più pericolose del doping chimico o della corruzione: tolleranza zero su ogni fronte. Avvieremo anche un meccanismo di audit sulla trasparenz­a gestionale: esiste pure il doping amministra­tivo».

Il caso Schwazer-Kostner: è giusto che la pattinatri­ce paghi insieme all’ex fidanzato, pur non essendosi dopata?

«Non ho seguito... la love story, ma solo la vicenda, trattata già a Londra. Non posso commentare un caso del genere, ma l’episodio ripropone l’opportunit­à che l’antidoping sia armonizzat­o sotto un solo ente: è più garantista anche per chi deve difendersi».

Il mondo non ha ancora del tutto superato la crisi finanziari­a: lo sport deve temere?

«Viviamo nel cuore della società e non su un’isola: nessuno è esente da pericoli. Ma le nostre sponsorizz­azioni sono solide come non mai e Tokio ha già detto che il programma di marketing dei Giochi 2020 produrrà i migliori risultati di sempre nella storia olimpica».

Lei è per modificare il format dei Giochi.

«È un’ idea base del mio programma. Il mondo cambia, non ci si può isolare: guardate com’erano, 40 anni fa, i Giochi... Essere al passo con i tempi è una necessità».

Ma se aggiornare il programma olimpico è un segnale di vivacità, c’è anche il pericolo di accogliere discipline che trasformer­ebbero le Olimpiadi in un Luna Park.

«Dovremo trovare equilibrio tra ciò che vuole la gente e quello che sta bene a noi. Ma non potremo non guardare ai gusti dei giovani».

C’è chi dice: il Cio è vecchio e demodé.

«Ma se ho appena spiegato che siamo pronti ai cambiament­i e a sentire le nuove generazion­i! Però bisogna considerar­e che esistono pure i conservato­ri e che la loro voce va ascoltata».

Il tifo sta diventando maleducato?

«Il problema è reale e deve essere monitorato. Ma per fortuna non riguarda il nostro mondo: ai Giochi si viene con l’atteggiame­nto giusto, per apprezzare lo spirito olimpico».

Lo sport deve diventare «verde».

«Lo è già da tempo. Le candidate per il 2024 hanno l’obbligo di presentare progetti compatibil­i con la riduzione dell’anidride carbonica. Anche l’Onu riconosce che lo sport appartiene a un sistema di sviluppo sostenibil­e».

Quando vedremo i Giochi in Africa?

«Nelle scorse settimane l’assemblea dei comitati olimpici africani ha aperto a una candidatur­a per il 2028. Sono fiducioso».

Lo sport attuale ha un centro di gravità?

«No, perché è uno dei fattori più globalizza­ti e lo prova la distribuzi­one delle medaglie olimpiche. Ma io desidero che sport sia anche sinonimo di solidariet­à e non solo di potere agonistico ed economico».

Rio de Janeiro è pronta?

«L’ultimo giro è sempre il più duro per tutti. Il Brasile vive un momento complicato, ma lo stiamo aiutando: sarà all’altezza della sfida».

Vuole dedicare un pensiero ai Giochi 2016?

«Non vedo l’ora che i brasiliani mostrino la loro gioia di vivere. Con un sorriso».

 ??  ?? Numero 1 Thomas Bach, 62 anni, tedesco, ex schermidor­e, oro nel fioretto a squadre ai Giochi di Montreal 1976 e ai Mondiali di Buenos Aires 1977, dal 10 settembre 2013 è presidente del Cio (Reuters)
Numero 1 Thomas Bach, 62 anni, tedesco, ex schermidor­e, oro nel fioretto a squadre ai Giochi di Montreal 1976 e ai Mondiali di Buenos Aires 1977, dal 10 settembre 2013 è presidente del Cio (Reuters)
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 ??  ?? Stella Usain Bolt, 29 anni, l’atleta più veloce e più atteso a Rio 2016 (Ap)
Stella Usain Bolt, 29 anni, l’atleta più veloce e più atteso a Rio 2016 (Ap)

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