Corriere della Sera

Gli Ironman dei motori La Dakar «maledetta» seducente per i campioni

Loeb, mito dei rally, sfida le trappole del deserto

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Resistente al tempo e alle mode, ai cambiament­i geopolitic­i e alla sinistra fama che l’accompagna, la Dakar riaccende i motori dopodomani. Da Buenos Aires 354 veicoli fra auto, moto, camion e quad daranno il via alla corsa più pericolosa del mondo.

Oltre 9.300 km fra Argentina e Bolivia — Cile e Perù hanno rinunciato per paura delle tempeste previste in questo periodo dell’anno a causa del Niño —, deserti e altipiani (si sale fino a quota 4.600 metri) nella sfida preferita dagli «Ironman» dei motori, quindici sono italiani. Appassiona­ti capaci di risparmiar­e un anno pur di esserci e stelle raggiungib­ili. Come il nove volte campione del mondo di rally Sébastien Loeb. Per la prima volta assaggerà la durezza del raid al volante di una Peugeot 2008.

Possibile che un’avventura estrema che in 36 edizioni ha falciato 40 vite — da Fabrizio Meoni all’inventore del raid Thierry Sabine — continui a esercitare un simile fascino? Al di là di tutte le rassicuraz­ioni del caso, dei progressi tecnologic­i con i Gps che monitorano anche le ombre, sfrecciare fra le dune di sabbia a 180 km/h è giocare alla roulette con il destino. L’Africa è rimasta solo nel nome, i granelli del Sahara nei ricordi dei veterani, le carovane da Parigi in vecchie pellicole. Quando la Dakar ha traslocato nel 2009 in Sudamerica, dopo le minacce terroristi­che di Al Qaeda, sembrava

Favorito Nasser Al-Attiyah, vincitore dell’edizione 2015, con la Mini; sotto Sébastien Loeb e Stephane Peterhanse­l lo sfidano su Peugeot la fine di un’epoca di spiriti liberi lanciati a tutta velocità verso l’ignoto. Così non è stato.

Loeb, uno che ride pochissimo e che non perderebbe nemmeno una mano di briscola, sostiene di aver accettato per scoprire nuove emozioni. «Cercavo l’avventura. Nel rally aggiri gli ostacoli — spiega —, qui ci voli sopra. Ci vuole tempo per abituarsi e per credere che sia davvero possibile riuscirci». Per essere pronto all’appuntamen­to si è preparato in Marocco insieme al navigatore monegasco Daniel

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