Corriere della Sera

Mar Rosso, l’attacco nel resort

Ucciso un assalitore nella sparatoria in un resort di Hurghada. Il governo: solo una rapina

- Di Francesco Battistini

Attacco a un resort a Hurghada, sul Mar Rosso, in Egitto: un commando di due persone ha fatto irruzione in un hotel frequentat­o da stranieri. «Urlavano Allah è grande, avevano bandiere nere dell’Isis». Ucciso un assalitore. Feriti tre turisti.

Un coltello, una cintura esplosiva, una pistola. Sono comparsi in due, vestiti di blu come fosse una divisa. All’Hotel Bella Vista di Hurghada ci si stava preparando alla serata, qualche turista stava ancora rientrando dal mare, qualcuno s’era già cambiato e passeggiav­a tra le palme illuminate. I due hanno minacciato con la lama i clienti, riferisce il ministero dell’Interno, non è chiaro se abbiano anche sparato. Poi hanno provato a fuggire. Qualcuno dice d’avere sentito il grido del brivido, «Allah u Akbar!», Allah è grande, e poi gli spari. Tanti. I due che correvano per il resort sul Mar Rosso, le forze di sicurezza egiziana che li tenevano sotto il fuoco. Uno, s’è riusciti ad ammazzarlo prima che si facesse esplodere dentro l’albergo, anche se tre turisti sono rimasti feriti: una coppia d’austriaci, la donna in modo grave, e uno svedese. Non s’esclude che nella concitazio­ne siano stati colpiti anche un tedesco e un danese, non si sa se a colpi d’arma da fuoco o di coltello.

Un assalto alla disperata. Quasi all’arma bianca. I terroristi sono arrivati passando per il ristorante esterno del Bella Vista: quello ucciso si chiamav a Mo h a m m e d Ha s a n Mahfouz, 21 anni, ed era uno studente di Giza, la cittadella delle piramidi alle porte del Cairo che raggruppa molti estremisti salafiti. Lo stesso luogo dove giovedì un pullman di 48 turisti arabo-israeliani è stato assalito da un gruppo di venti persone davanti all’hotel Tre Piramidi — il governo egiziano sostiene si trattasse di manifestan­ti della Fratellanz­a musulmana, l’Isis ha invece rivendicat­o l’azione — e solo per un caso non c’è scappato il morto.

A Hurghada, alcuni testimoni parlano d’una bandiera nera dello Stato islamico fatta sventolare durante l’azione. Ma come spesso accade, le autorità cairote sminuiscon­o molto e il ministro del Turismo esclude l’atto terroristi­co, preferendo liquidare il tutto come «una tentata rapina». L’intenzione del governo di alSisi è fin troppo evidente: da molti mesi, i jihadisti del Sinai che hanno giurato fedeltà al califfo al Baghdadi stanno puntando a colpire le due principali fonti di guadagno dell’Egitto, il turismo e il gas. L’altro giorno, un attentato ha lasciato a secco per varie ore il gasdotto nell’area di Al Arish. E dopo la bomba fatta esplodere in ottobre sull’aereo russo che sorvolava la penisola, 224 morti, si sta rivelando un disastro la decisione di Vladimir Putin di vietare ai suoi connaziona­li le vacanze in Egitto: il rublo, con l’euro dei tedeschi, è sempre stato la principale entrata turistica del Paese.

Le lacune nella sicurezza, apparse evidenti all’aeroporto di Sharm el-Sheikh dov’era stata caricata la bomba, non tranquilli­zzano: la polizia egiziana ha sventato in questi mesi altri attacchi a Luxor, nella Valle dei Templi, e alle piramidi. Ma ci sono diversi segnali che questo gennaio, in coincidenz­a col quinto anniversar­io (il 25) della caduta di Mubarak, qualcosa di pesante si stia preparando. L’Egitto è un fronte pronto a esplodere.

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