Mar Rosso, l’attacco nel resort
Ucciso un assalitore nella sparatoria in un resort di Hurghada. Il governo: solo una rapina
Attacco a un resort a Hurghada, sul Mar Rosso, in Egitto: un commando di due persone ha fatto irruzione in un hotel frequentato da stranieri. «Urlavano Allah è grande, avevano bandiere nere dell’Isis». Ucciso un assalitore. Feriti tre turisti.
Un coltello, una cintura esplosiva, una pistola. Sono comparsi in due, vestiti di blu come fosse una divisa. All’Hotel Bella Vista di Hurghada ci si stava preparando alla serata, qualche turista stava ancora rientrando dal mare, qualcuno s’era già cambiato e passeggiava tra le palme illuminate. I due hanno minacciato con la lama i clienti, riferisce il ministero dell’Interno, non è chiaro se abbiano anche sparato. Poi hanno provato a fuggire. Qualcuno dice d’avere sentito il grido del brivido, «Allah u Akbar!», Allah è grande, e poi gli spari. Tanti. I due che correvano per il resort sul Mar Rosso, le forze di sicurezza egiziana che li tenevano sotto il fuoco. Uno, s’è riusciti ad ammazzarlo prima che si facesse esplodere dentro l’albergo, anche se tre turisti sono rimasti feriti: una coppia d’austriaci, la donna in modo grave, e uno svedese. Non s’esclude che nella concitazione siano stati colpiti anche un tedesco e un danese, non si sa se a colpi d’arma da fuoco o di coltello.
Un assalto alla disperata. Quasi all’arma bianca. I terroristi sono arrivati passando per il ristorante esterno del Bella Vista: quello ucciso si chiamav a Mo h a m m e d Ha s a n Mahfouz, 21 anni, ed era uno studente di Giza, la cittadella delle piramidi alle porte del Cairo che raggruppa molti estremisti salafiti. Lo stesso luogo dove giovedì un pullman di 48 turisti arabo-israeliani è stato assalito da un gruppo di venti persone davanti all’hotel Tre Piramidi — il governo egiziano sostiene si trattasse di manifestanti della Fratellanza musulmana, l’Isis ha invece rivendicato l’azione — e solo per un caso non c’è scappato il morto.
A Hurghada, alcuni testimoni parlano d’una bandiera nera dello Stato islamico fatta sventolare durante l’azione. Ma come spesso accade, le autorità cairote sminuiscono molto e il ministro del Turismo esclude l’atto terroristico, preferendo liquidare il tutto come «una tentata rapina». L’intenzione del governo di alSisi è fin troppo evidente: da molti mesi, i jihadisti del Sinai che hanno giurato fedeltà al califfo al Baghdadi stanno puntando a colpire le due principali fonti di guadagno dell’Egitto, il turismo e il gas. L’altro giorno, un attentato ha lasciato a secco per varie ore il gasdotto nell’area di Al Arish. E dopo la bomba fatta esplodere in ottobre sull’aereo russo che sorvolava la penisola, 224 morti, si sta rivelando un disastro la decisione di Vladimir Putin di vietare ai suoi connazionali le vacanze in Egitto: il rublo, con l’euro dei tedeschi, è sempre stato la principale entrata turistica del Paese.
Le lacune nella sicurezza, apparse evidenti all’aeroporto di Sharm el-Sheikh dov’era stata caricata la bomba, non tranquillizzano: la polizia egiziana ha sventato in questi mesi altri attacchi a Luxor, nella Valle dei Templi, e alle piramidi. Ma ci sono diversi segnali che questo gennaio, in coincidenza col quinto anniversario (il 25) della caduta di Mubarak, qualcosa di pesante si stia preparando. L’Egitto è un fronte pronto a esplodere.