«Hanno svuotato Etruria» Le accuse agli ex vertici
Il dossier di Bankitalia. La Finanza in 14 società
Banca Etruria, sequestrate delibere e verbali: perquisizioni nella direzione dell’istituto e nelle aziende «amiche» che hanno ottenuto i fidi. Sprechi e favori: le accuse all’ex presidente Rosi e ai due ex vicepresidenti Berni e Boschi.
AREZZO L’obiettivo è dichiarato nel provvedimento di perquisizione firmato dal procuratore Roberto Rossi: acquisire tutte le delibere del consiglio di amministrazione di Banca Etruria sulla concessione dei finanziamenti.
Per questo la Guardia di Finanza è entrata ieri mattina nella sede della direzione generale ad Arezzo e poi negli uffici di quelle società beneficiate da un fiume di denaro. In tutto quattordici aziende amministrate o comunque gestite dall’ex presidente Lorenzo Rosi e dall’ex consigliere Luciano Nataloni, entrambi indagati per omessa comunicazione del conflitto di interessi. È l’ultima clamorosa svolta di un’inchiesta che si concentra sui motivi del dissesto dell’istituto di credito, ma fa tremare il governo visto che uno dei due vicepresidenti è Pierluigi Boschi, padre del ministro Maria Elena. Ma anche perché nell’intreccio di società di Rosi compare anche la «Party srl» dei genitori del presidente del consiglio Matteo Renzi.
L’indagine deve verificare come mai nessuno tra vertici e consiglieri abbia verificato l’assetto proprietario delle ditte, soprattutto controllare se possano esserci stati accordi segreti all’interno del Cda per dare «copertura» a Rosi e Nataloni. Ma anche stabilire per quale motivo, visto il bilancio disastroso, «non è stata approfondita la convenienza della banca nel compiere le operazioni, né effettuato un confronto tra le condizioni applicate e quelle di mercato», come hanno denunciato gli ispettori di Bankitalia.
L’elenco di aziende comincia con quelle di Nataloni e comprende la Immofin srl nel settore alberghiero; la Td Group «specializzata nell’installazione di macchine per ufficio, mainframe e personal computer»; il Gruppo Casprini per la «compravendita di beni immobili effettuata su beni propri»; la Etruria Investimenti «esercente l’attività di costruzioni di edifici residenziali e non».
Rosi ha invece chiesto e ottenuto fidi per la Città Sant’Angelo Outlet Village spa «esercente l’attività di affitto di aziende»; la Castelnuovese cooperativa per la «costruzione di edifici residenziali e non». Insieme i due ex componenti del consiglio di amministrazione di Banca Etruria figurano invece nella Città Sant’Angelo Sviluppo per la «compravendita di beni». Poi ci sono le controllate e le partecipate: Cd holding srl, Cdg srl, Praha Invest srl, nel settore immobiliare; Naos srl che fabbrica mobili e Gianosa srl specializzata nelle attività gestionali.
L’interesse degli investigatori del nucleo Tributario si concentra in modo particolare sulla Castelnuovese di cui Rosi è stato presidente fino a luglio 2014. È stato infatti accertato che proprio quella ditta ha costruito a Pescara l’outlet Città Sant’Angelo, destinatario di un ulteriore finanziamento. Un fido che risulta «incagliato».
La Castelnuovese è socia della Egnatia Shopping Mall di cui Rosi è amministratore unico, insieme alla Nikila Invest, a sua volta titolare di una quota del 40 per cento nella Party srl: socio è Tiziano Renzi, padre del presidente del Consiglio, mentre la madre Laura Bovoli è amministratore unico.
Ci sono intrecci societari che portano alla Party srl di cui Tiziano Renzi, padre del premier, è socio. La madre è amministratore unico