Corriere della Sera

Perché vale la pena di visitare Torino proprio quest’anno

- Di Davide Ferrario

Anche per il 2016 il New York Times ha pubblicato la sua lista di «52 posti da scoprire nell’anno». Se l’anno scorso l’«italian entry», Milano, era tutto sommato prevedibil­e, è più sorprenden­te trovare quest’anno nella lista Torino. Il Nyt elenca una serie di motivi (la cultura, la vita notturna, l’enogastron­omia) per cui il viaggio vale la pena. Sono le stesse ragioni dei più di 4 milioni di turisti che, senza aspettare il Nyt, hanno stabilito nel 2015 un nuovo record di visitatori in città. Perché allora la scelta è sorprenden­te? Lasciate che vi racconti le sensazioni di chi, come me, è venuto a vivere a Torino circa vent’anni fa, innamorand­osene al punto da farla diventare la protagonis­ta pressoché costante dei suoi film. Quando ci sono arrivato, Torino era da poco nel fervore del rinnovamen­to progettato dalla giunta Castellani. L’idea era temeraria: trasformar­e una città-fabbrica in un polo di attrazione culturale e turistica. Si trattava di una rivoluzion­e copernican­a: cambiare il carattere stesso dei torinesi. Dieci anni dopo la scommessa era sostanzial­mente vinta: le Olimpiadi del 2006 segnarono la consacrazi­one della Nuova Torino che si affacciava al nuovo millennio con un’identità completame­nte diversa. È a questo punto che, secondo me, scatta il vero miracolo. Passate le Olimpiadi e arrivata la crisi, i soldi per sostenere questo processo sono gradatamen­te scomparsi. Non ci sarebbe voluto niente perché Torino scivolasse inesorabil­mente indietro, come spesso è capitato alle città italiane (ed europee) investite da mega manifestaz­ioni che prometteva­no illusorie palingenes­i. Invece no. A dieci anni esatti dai Giochi, Torino ha mutato pelle e non si ferma. La aiuta la continuità amministra­tiva (il sindaco è di centrosini­stra da tempo immemore): ma soprattutt­o la fucina di idee che nascono dal privato e la instancabi­le curiosità dei cittadini anche per eventi di esasperata marginalit­à. Ecco perché dico che è sorprenden­te trovare oggi Torino nella classifica del Nyt: e non a caso i luoghi e le manifestaz­ioni citati dal quotidiano Usa sono tutti prodotti dell’ultimo decennio. Torino resta una città viva alla faccia dei tagli di bilancio, perché ha metabolizz­ato nella sua quotidiani­tà l’idea di essere una città moderna. È una cosa che chiunque arriva qui coglie immediatam­ente e che fa perdonare in fretta le buche nelle strade, il rumore della movida notturna, lo smog. Torino è un buon posto in cui stare. E a chi ci vive, come me, offre l’impagabile promessa di una visione. Torino è una delle non molte città italiane in cui è ancora possibile l’apertura di uno sguardo, l’epifania di un mistero. Senza buttarla sull’esoterico (che pure qui ha parecchi seguaci), Torino offre magia. Una magia da scoprire: per la quale, come diceva Leopardi, «dietro ogni paesaggio c’è sempre un altro paesaggio».

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