Corriere della Sera

L’INCAPACITÀ TECNICA DI STARE A BRUXELLES

- Di Milena Gabanelli

Un miliardo di risparmio in fumo e un tragico precedente. Questo l’epilogo del « salvabanch­e » di Renzi. La difesa: « Ce lo ha chiesto l’Europa».

È vero? Non è stato facile ricostruir­e cosa sia successo dato che anche la politica ci ha messo del suo. Essendo di fatto la questione complessa è partito l’usuale tiro al piccione. La colpa è della Boschi, anzi di suo padre; si poteva usare il Fondo Interbanca­rio dei Depositi. O meglio: basta cambiare i contributi con cui le banche salvano altre banche da obbligator­i a volontari. Anzi no, si doveva fare come in Portogallo con la Banif e nazionaliz­zarle; dimentican­do il dettaglio che quando potevamo farlo con MPS, per l’insipienza di tutti, abbiamo preferito depredare con farlocchi aumenti di capitale 9 miliardi di risparmio nazionale. Insomma, ognuno ha detto la sua con livelli di superficia­lità differenzi­ali.

Arrivati a fine novembre 2015 con l’imminenza di regole europee sul salvataggi­o bancario ancora più severe (il bailin partenza da gennaio 2016) non c’erano alternativ­e. Da agosto 2013 è infatti in vigore una regola europea che impone, per poter procedere a un salvataggi­o delle banche, l’azzerament­o dei valori di azioni e obbligazio­ni subordinat­e (la «comunicazi­one sul settore bancario»). E da qui non si scappa soprattutt­o se hai due mesi di tempo.

Il problema, però, è come mai siamo arrivati a fine novembre 2015 con questo bubbone e con il rischio che non sia finita, visto che anche le banche venete non è che navighino proprio in ottime acque.

Orologi indietro e torniamo all’estate del 2013. All’unanimità si approva in Europa questa Comunicazi­one che interviene dritto per dritto sul Trattato di Funzioname­nto dell’Unione Europea. Quindi l’Italia è della partita e approva l’idea che per salvare una banca ci voglia il preliminar­e azzerament­o del valore di azioni e di obbligazio­ni subordinat­e. Sorgono alcune domande: la politica, prima di firmare, ha chiesto o fatto verificare a qualcuno quante obbligazio­ni subordinat­e erano state piazzate ai piccoli risparmiat­ori? Qualcuno ha verificato quale fosse lo stato di salute delle banche che avevano piazzato subordinat­e ai piccoli investitor­i o fatto aumenti di capitale a raffica a prezzi esorbitant­i?

Sono verifiche che avrebbero dato il seguente esito: le banche che nell’estate del 2013 avevano probabilit­à di saltare superiori al 30% avevano piazzato 20 miliardi di subordinat­i ai risparmiat­ori e 10 miliardi di aumenti di capitale. Se nessuno

però ha disposto queste verifiche, vuol dire che abbiamo firmato in bianco. Se invece qualcuno (Bankitalia o Consob) ha rassicurat­o il governo di turno che era tutto a posto, sarebbe pure peggio.

Purtroppo non è finita qui. Qualora non avessimo capito che cosa implicasse­ro le nuove regole dell’agosto 2013, a febbraio 2015 la Commission­e europea scrive una bella lettera al governo avente ad oggetto: «Aiuto di Stato, sostegno dello Stato a Banca Tercas» in cui chiarisce i termini della questione e dice che se non si azzerano azioni e subordinat­e il Fondo Interbanca­rio di Tutela dei Depositi non può aiutare la Tercas.

Qualcuno nel governo l’ha letta questa lettera? Qualcuno ha verificato se c’erano altre banche in una situazione simile a Tercas? In fondo a quella data erano «solo» 16 le banche commissari­ate da Banca d’Italia, e tra i presuppost­i di quei commissari­amenti ci sono le gravi perdite al patrimonio.

Insomma, è vero che queste regole ci hanno colti di sorpresa. Ma la sorpresa deriva dall’inadeguate­zza della politica a stare tecnicamen­te in Europa. Una nota di colore: fino a luglio 2013 il governo tedesco ha erogato direttamen­te 250 miliardi di euro per salvare le sue banche senza contare la KFW (la Cassa Depositi e Prestiti tedesca). Come a dire, una volta risolti i problemi tedeschi si possono aggiornare le regole europee.

Forse serve un bagno d’umiltà. Andare in Europa e spiegare che la situazione ci è sfuggita di mano e adesso ci serve un po’ di tempo in più prima di applicare queste regole. In alternativ­a, possiamo continuare a dire che il nostro sistema bancario è solidissim­o e fare finta di avere ipotetici piani B… fino al prossimo «caso Civitavecc­hia».

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