Anni Cinquanta Nuova sobrietà
La silhouette più allungata, i tessuti virili d’altri tempi, i pantaloni con la pince e il fondo asciutto, il gilet, la maglia jacquard Il Pitti di Firenze, al via martedì, racconta cosa cambia per lui
Per gli uomini incomincia una nuova era. O almeno così suggerisce la moda, che ripropone il fascino conformista degli Anni 50. Un abito classico per chi ha l’animo impetuoso dell’aver vissuto la guerra e ha voglia di rinascita. I modelli di riferimento sono Marcello Mastroianni e Vittorio Gassman e poi Vittorio De Sica, Ugo Tognazzi ma anche Rock Hudson perché quella era anche l’epoca del mito americano: capelli curati, lo spirito complicato che traspare da sguardi carichi di tensione, virilità mescolata alla grazia di piccole galanterie (caratteristiche capaci di far breccia in una donna ieri come oggi).
Gli Anni 50 e 60 sono celebrati al cinema («Carol»), in tivu nella serie «Il paradiso delle signore», storia ispirata al libro quasi omonimo di Zola dedicata all’imprenditore Pietro Mori (interpretato da Giuseppe Zeno) che apre il primo grande magazzino a Milano democratizzando la moda fino ad allora un lusso per pochi; e saranno anche tra le tendenze della moda uomo per l’autunno inverno 2016-2017 presentate al Pitti di Firenze (dal 12 al 15 gennaio).
«La silhouette si fa più allungata. Tutto deve essere della misura giusta, come fosse uscito dal sarto. L’uomo non può uscire come avesse messo insieme capi a caso», racconta Giovanni Bianchi, quarta generazione di Luigi Bianchi Mantova prodotto da Lubiam. Dopo la scorpacciata di colori e completi fin troppo modaioli che donano a pochi, l’uomo è pronto per apprezzare un’eleganza più sobria. Ne è certo l’imprenditore: «Abbiamo abbandonato buona parte dei toni forti come verde e bordeaux , privilegiando il cammello naturale, il grigio chiaro. L’abito sartoriale si riprende i tessuti virili d’altri tempi, trame mosse, filati grossi e fini mischiati insieme, effetti maglia». La sfida della moda è far sì che il completo non sembri preso in prestito dall’armadio del padre o del nonno. «Le giacche sono sempre più leggere, con poca costruzione all’interno per renderle più confortevoli».
Anche il pantalone si ammorbidisce. «Il più nuovo ha una piccola pince e fondo asciutto (18.50 cm) — continua Bianchi —. Lascia sempre intravedere un po’ la calza che torna un accessorio importante, uno dei pochi vezzi che l’uomo deve concedersi». Convinto sostenitore del no-calze anche col termometro sotto zero è invece Edoardo Fassino, amministratore delegato di Pt Torino (400 mila paia vendute all’anno, 60% all’estero): «La scelta del pantalone è questione personale. Ma la tendenza lo vuole comodo, con pince e vita più alta. E per completare lo stile Anni ‘50 ritorna anche il panciotto sia monopetto sia doppiopetto». Con un bel contorno di gilet in maglia e maglie jacquard sempre un po’ accostate al busto per enfatizzare la fisicità come sapeva bene Steve McQueen. «A quei tempi la maglieria divenne l’elemento informale dell’abbigliamento usato dai giovani e dai creativi come il Roberto (Filippo Scarafia) de “Il Paradiso”. Agli uomini di un certo ceto non era concessa», racconta la costumista Chiara Ferrantini. Sopra a tutto il cappotto, il re della nuova moda: omaggio all’aviazione americana del Dopoguerra rivisitato con l’utilizzo di tessuti preziosi da Lardini, leggero in cammello tessuto giacca, quasi spolverino, da Luigi Bianchi Mantova Sartoria. E anche i termini tornano d’antan. Paltò è il nome scelto dall’imprenditore trentenne Luca Paganelli per l’azienda di Lucca, che al Pitti presenta cappotti nei tessuti degli Anni 50 e 60 a lisca di pesce, chevron, check sfusi, tweed (sale e pepe) su lane Mohair costruite con manica raglan «tornata prepotentemente»: «L’uomo ora apprezza la vestibilità comodità e le lunghezze più generose di quegli anni. Si è stancato di abiti striminziti e spero anche di tessuti non naturali».