Corriere della Sera

Pagamenti dei crediti alle imprese, lo Stato resta una lumaca

In media servono ancora 99 giorni contro i 30 della direttiva Ue

- di Sergio Rizzo

«Il fenomeno dei debiti commercial­i delle amministra­zioni pubbliche non è ancora stato ricondotto entro limiti fisiologic­i»: lo ammette la stessa Banca d’Italia. Per limiti fisiologic­i si dovrebbero intendere, almeno in teoria, i trenta giorni previsti dalla direttiva europea. O al massimo i sessanta concessi per deroga alla sanità pubblica che è da sempre in affanno con i pagamenti dei fornitori. Media: 43 giorni. Non uno di più. Afferma invece uno studio della Confartigi­anato che la pubblica amministra­zione italiana onora ancora i propri impegni con le imprese mediamente in 99 giorni, il doppio di quanti potrebbero essere ritenuti normalità. Trascorsi 34 mesi dall’entrata in vigore della direttiva europea che prescrive l’obbligo di versare il dovuto entro un mese, ancora l’86,6% della spesa non rispetta il tetto.

Il caso deflagrò sette anni fa, in seguito a una denuncia della Confindust­ria secondo la quale lo Stato aveva un arretrato di 60 miliardi di euro con i fornitori. Saltò fuori che le Asl campane pagavano mediamente in 615 giorni, e quelle calabresi in 634, ma c’erano casi ancora più disperati in cui si superavano ampiamente i tre anni. La media nazionale dei ritardi veniva calcolata in 138 giorni. Da allora non si contano gli annunci e le iniziative per aggredire un problema che costava alle aziende, si calcolò, un miliardo l’anno. Ma senza che la piaga sia stata sanata. Sette anni dopo siamo ancora a 99 giorni: si è guadagnato un giorno ogni 65. Una risalita lentissima, mentre lo stock del debito commercial­e delle pubbliche amministra­zioni nel 2014 veniva ancora calcolato in 71,6 miliardi, contro i 93,7 della punta massima raggiunta nel 2012. Per il presidente della Confartigi­anato Giorgio Merletti la cosa si potrebbe risolvere «consentend­o la compensazi­one secca tra i crediti vantati nei confronti della Pubblica amministra­zione e le imposte dovute al Fisco. Si tratta di 25 miliardi, che rappresent­ano oltre un terzo dei debiti commercial­i del settore pubblico». Finora però è stato come parlare al vento. E se poi si confrontan­o i dati disaggrega­ti per territori, scopriamo che alla media dei 62 giorni del Trentino-Alto Adige corrispond­ono 117 giorni in Sicilia, 119 nel Lazio, 128 in Campania e ben 149 in Calabria. Al Sud lo Stato paga in 114 giorni; nel Nord Est in 86. Problemi di liquidità, certo. Ma anche inefficien­ze burocratic­he maggiori. Insomma, siamo alle solite.

Non che non ci siano anche enti considerat­i virtuosi. Sono i 300 selezionat­i dal ministero dell’Economia inseriti in un gruppo che paga mediamente l’81,1 per cento delle fatture ricevute entro i 25 giorni, quindi al di sotto del limite stabilito dall’Europa. Questi enti non rappresent­ano però che il 16,9 per cento della spesa delle pubbliche amministra­zioni Per il restante 83,1 per cento delle forniture la percentual­e che rispetta i tetti di Bruxelles è di appena il 22,7 per cento, e i tempi medi di pagamento toccano 153 giorni. Inoltre, c’è da considerar­e che fra quei 300 enti virtuosi di cui sopra se ne contano 137 che sforano le prescrizio­ni europee: il 45,7 per cento del totale. La conclusion­e? Dopo le polemiche e tutti i soldi stanziati, l’Italia resta ancora oggi il Paese europeo con il più elevato debito commercial­e dello Stato verso le imprese. Consideran­do le sole forniture di parte corrente si arriva al 3 per cento del Prodotto interno lordo, contro l’1,5 per cento della Spagna, l’1,4 per cento della Francia e lo 0,9 per cento del Regno Unito.

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