Corriere della Sera

Il conflitto tra impero romano e popolo ebraico nel saggio di Giovanni Brizzi (Laterza) Gerusalemm­e, anno 70. La fiera sconfitta

- Di Antonio Carioti

Nelle infinite guerre che i Romani condussero per conquistar­e e mantenere l’impero, uno degli ossi più duri che incontraro­no fu il popolo ebraico. Non per la sua forza militare, piuttosto limitata, ma per lo zelo religioso che ne cementava l’identità, tale da renderlo straordina­riamente refrattari­o alla pur notevole attrazione integrativ­a e inclusiva esercitata dalla civiltà romana sulle genti sottomesse. Tra dominatori e dominati si creò così la drammatica «incomunica­bilità» su cui insiste Giovanni Brizzi nel libro 70 d.C. La conquista di Gerusalemm­e edito da Laterza: un fattore che avrebbe inasprito il conflitto, rendendolo «crudele fin quasi ai limiti del genocidio».

In questo scenario di lotta senza quartiere, che l’autore segue passo per passo, nei suoi aspetti ideologici come in quelli più tecnici legati alla condotta bellica delle parti in conflitto, si stagliano alcune figure di notevole rilievo.

Primo fra tutti Giuseppe Flavio, lo storico ebreo che prima combatte gli occupanti e poi si schiera con loro, cercando una difficile conciliazi­one tra il culto giudaico e la legge dell’impero. Poi Tito, futuro imperatore, il comandante romano sempre in prima linea con suoi legionari, che cerca di trattare con i ribelli, ma poi, di fronte alla loro ostinazion­e, li punisce senza alcuna pietà. E i capi degli insorti, come Simone bar Giora, Giovanni di Giscala, Eleazar ben Simon, animati da un fervore messianico in cui religione e politica diventano tutt’uno.

La rivolta scoppia nel 66 d.C. e si conclude nel 70 con la distruzion­e del Tempio di Gerusalemm­e: l’esito dello scontro non è mai veramente in dubbio, data la potenza soverchian­te delle legioni. Ma le sommosse proseguono per altri 65 anni, in Giudea come nei luoghi della diaspora ebraica: Cirene, Cipro, la Mesopotami­a, l’Egitto. E Roma deve impiegare «un patrimonio non rimpiazzab­ile di energie vitali», sottolinea Giovanni Brizzi, per reprimerle nel sangue.

Una tragedia quanto mai istruttiva circa le conseguenz­e funeste cui può portare l’incapacità di dialogare tra culture diverse.

L’esito dello scontro non è mai dubbio, data la forza delle legioni. Ma le sommosse proseguono per altri 65 anni in Giudea e nei luoghi della diaspora

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