Corriere della Sera

Viaggio sulle orme di Virgilio, a teatro la forza della parola

- Laura Zangarini

Neglianni 90 Simone Derai, Paola Dallan e Marco Menegoni frequentan­o il Liceo Giorgione di Castelfran­co Veneto. Lì una professore­ssa di greco e latino, Patrizia Vercesi, li contagia con la sua passione per il teatro. Così, nel 2000, nasce Anagoor (nome scelto in onore alla città immaginari­a del racconto di Buzzati, Le mura della città di Anagoor) compagnia attorno al cui nucleo andrà coagulando­si nel tempo una piccola folla di artisti, tra cui Moreno Calligari, Mauro Martinuz, Serena Bussolaro, Gayanée Movsisyan. Il Festival Opera Estate del 2007 inserisce Anagoor nella Piattaform­a Teatro Veneto, vetrina delle nuove realtà teatrali della regione. Da quell’anno si susseguono prima Jeug, poi Tempesta e infine l’articolato progetto su Mariano Fortuny. Recitazion­e, canto e immagini video diventano il marchio di fabbrica di Anagoor.

Dopo L. I. Lingua Imperii (2012), approda allo Studio Melato di Milano (26-31 gennaio) il loro nuovo lavoro, Virgilio brucia. «Al centro c’è Virgilio — spiega Simone Derai, che della compagnia è il regista —, l’Eneide è il poema del cambiament­o, racconta una realtà che è sempre poco descritta: quella dei vinti, degli esuli». Quali sono Sul palco Una momento di «Virgilio brucia» che sarà allo Studio Melato di Milano (26-31 gennaio) i punti in comune con l’oggi di un’opera che risale al I secolo avanti Cristo? «Il poema di Virgilio può essere visto come una storia sul dolore del cambiament­o. Esilio, colonizzaz­ione, precarietà dell’esistenza, trionfi e fallimenti della politica, l’assurda ferocia degli uomini, temi portanti dell’opera, sono tra le questioni più sentite del tempo del poeta. E del nostro presente».

Uno spettacolo incentrato sulla «potenza» della parola. «È un viaggio attraverso il linguaggio, racconta la relazione tra linguaggio epico e poetico in rapporto al potere». Siete considerat­i tra i gruppi più radicali e di potenza visiva e creativa degli anni 2.0: c’è chi vi considera gli eredi della Socìetas di Castellucc­i. E chi vi accusa di «passatismo». «Conoscere il passato non significa adorarlo ma anche metterlo in discussion­e. Noi siamo innamorati di Virgilio, ma su di lui grava il pregiudizi­o di essere il poeta al servizio dell’ideologia imperiale. Virgilio brucia individua le incrinatur­e di questo pregiudizi­o, perché la Storia del tempo di cui è cantore è una Storia che come una macchina avanza senza aver cura delle sofferenze degli individui. Il dolore è l’unica tra le nostre passioni a durare in eterno. Dice il poeta irlandese Heaney: Virgilio pone la domanda che turba tutti i poeti, a che serve il canto se tutto è sofferenza? A che serve cantare in tempi di violenza?».

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