Corriere della Sera

UN PAESE CHE ODIA LA SCIENZA

Tra un decennio verrà il tempo delle pubbliche scuse ai ricercator­i che hanno fatto il loro dovere

- Di Paolo Mieli

L’Italia sta diventando sempre più un Paese ostile al metodo scientific­o e amante delle teorie del complotto. L’ennesima dimostrazi­one viene dal caso della «Xylella fastidiosa», batterio che produce grave nocumento all’ulivo, penetrato in Europa diciotto anni fa e più recentemen­te in Italia, nel Salento. Nelle Americhe la si combatte da un secolo, purtroppo senza successo. Il Consiglio nazionale delle ricerche di Bari ha lavorato sodo per scoprire origini e modo di debellare quello che prende il nome di CoDiRO (Complesso del disseccame­nto rapido dell’olivo). Prendendo in seria consideraz­ione anche l’ipotesi di sradicare gli ulivi già colpiti per provare a sterminare gli insetti diffusori dell’infezione e creare un cordone sanitario che isoli le piante infette. Ma la magistratu­ra, con un’inchiesta della Procura di Lecce, si è opposta. Di più: ha accusato il Cnr barese di aver favorito la diffusione del batterio, ne ha fatto sequestrar­e il materiale sia informatic­o che cartaceo e ha deciso che gli ulivi malati restino lì dove sono. Ha poi anche denunciato «inquietant­i aspetti» relativi al «progettato stravolgim­ento della tradizione agroalimen­tare e della identità territoria­le del Salento per effetto del ricorso a sistemi di coltivazio­ne superinten­siva». In parole povere, i ricercator­i avrebbero deliberata­mente cospirato per abbattere i vecchi ulivi e soppiantar­li con piante nuove.

Gli indagati sono accusati di diffusione colposa della malattia delle piante, violazione dolosa delle disposizio­ni in materia ambientale, falso materiale e ideologico, getto pericoloso di cose, distruzion­e di bellezze naturali. La «peste degli ulivi», secondo i magistrati leccesi, sarebbe stata volontaria­mente importata in Puglia dall’Olanda nell’ottobre del 2010 con un convegno ad essa dedicato. Poi, nel 2013, un professore barese, Giovanni Paolo Martelli, avrebbe messo in scena la «folgorante intuizione» di aver individuat­o la Xylella come agente patogeno del disseccame­nto degli ulivi salentini. Quindi il capo della Guardia forestale, Giuseppe Silletti, peraltro su sollecitaz­ione dell’Unione Europea, avrebbe disposto il taglio di cinquemila alberi (così da salvarne un milione). In combutta con il professore di Agraria Angelo Godini fautore dell’eliminazio­ne degli alberi infetti, in particolar modo, secondo l’accusa, «quelli monumental­i». Accuse che hanno dell’incredibil­e.

Nature e Washington Post si sono scandalizz­ati per questo che a loro appare come un «processo italiano alla scienza». L’inchiesta del procurator­e Cataldo Motta e dei pm Elsa Valeria Mignone e Roberta Licci ipotizza che gli scienziati abbiano diffuso colposamen­te la malattia e abbiano poi presentato i fatti in modo da poter avallare come soluzione l’eradicazio­ne delle piante malate, per legittimar­e lo sterminio degli ulivi salentini. Negli atti si parla anche di persone avvistate in tuta bianca a spalmare unguenti su alberi di ulivo, che successiva­mente sarebbero stati bruciati per cancellare le prove. Prove che avrebbero potuto portare al «grande vecchio» di questa cospirazio­ne: la multinazio­nale dell’agroalimen­tare Monsanto. Persino l’ex Presidente del Tribunale di Bari Vito Savino ha preso le distanze da questa iniziativa giudiziari­a e ha manifestat­o sulla stampa il proprio «sconcerto». Ma i magistrati — come sempre si fa in casi del genere — hanno ribattuto allargando il campo delle accuse ad un numero sempre più vasto di imputati, i quali (Savino, Godini, Martelli) avrebbero condiviso «un medesimo approccio culturale nell’Accademia dei Georgofili di cui fa parte anche il professor Paolo De Castro, già ministro dell’Agricoltur­a, attualment­e eurodeputa­to, che ha riferito in commission­e proprio sulla questione Xylella». Europa, Guardia forestale, Georgofili, ex ministri avrebbero dunque congiurato per distrugger­e gli ulivi salentini allo scopo di impiantare in quel di Gallipoli nuove coltivazio­ni. E gli scienziati dell’Università di Bari, del Cnr e dell’Istituto agronomico alimentare (Iam) avrebbero aderito (dietro compenso?) al complotto. Sulla Stampa Gilberto Corbellini e Roberto Defez hanno esortato coloro che in passato si sono indignati contro i tentativi di imporre per via giudiziari­a le pseudo cure Di Bella o Stamina o contro il rinvio a giudizio e la condanna in primo grado della Commission­e Grandi Rischi rea di non aver dato l’allarme per il terremoto dell’Aquila, a «insorgere per quanto sta accadendo nel Salento». Ma il loro appello è caduto nel vuoto.

Qualcuno ha messo in evidenza come l’inchiesta della procura di Lecce si basi su una grande contraddiz­ione logica: da un lato i magistrati sostengono che non esiste «un reale nesso di causalità tra il batterio e il disseccame­nto degli ulivi», dall’altro accusano i ricercator­i di aver diffuso il batterio. Saremmo quindi in presenza di «untori di una peste innocua» (ha ironizzato Luciano Capone sul Foglio). Lo Iam è accusato, come si è detto, di aver dato inizio al contagio con le provette olandesi fatte giungere a Bari per il convegno scientific­o del 2010. L’Istituto ha risposto dimostrand­o che i campioni introdotti in Italia per quell’incontro scientific­o erano tutti di una sottospeci­e diversa da quella ritrovata nel Salento. Ma, con logica acrobatica, l’accusa ha trasformat­o anche questa in un’ammissione di colpa: fu «priva di plausibile giustifica­zione l’introduzio­ne da parte dello Iam di tutte le sottospeci­e di Xylella conosciute a eccezione di quella individuat­a nel Salento» che c’era già, tenuta ben nascosta, e non aveva perciò bisogno di essere importata. Incredibil­e. L’inchiesta cita poi un’affermazio­ne dell’esperto mondiale di Xylella, Alexander Purcell di Berkeley — «Contro la Xylella gli abbattimen­ti non servono a nulla» — che lo stesso Purcell nega di aver mai pronunciat­o ed è stata riferita da un’europarlam­entare grillina. Il Movimento Cinque Stelle ha contempora­neamente depositato una mozione di sfiducia nei confronti del ministro delle Politiche Agricole Maurizio Martina colpevole di non aver ostacolato il complotto.

Nel frattempo l’Unione Europea ha avviato nei confronti dell’Italia una procedura d’infrazione per i ritardi nell’attuazione del piano di guerra contro il flagello salentino. A questo punto non è lecito nutrire dubbi: vincerà la Xylella e gli italiani si troveranno a dover pagare una multa all’Europa. Poi, come sempre accade, tra un decennio verrà il tempo delle pubbliche scuse ai ricercator­i che hanno fatto il loro dovere e per questo hanno avuto dei guai. Così vanno le cose nel nostro Paese.

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