Corriere della Sera

Banche, le novità per le cooperativ­e

Un centinaio di Bcc su 363 presenta fragilità di bilancio. Senza un intervento in tempi brevi almeno 15-17 istituti sono a rischio nei prossimi diciotto mesi

- Di Federico Fubini

La riforma delle banche di credito cooperativ­o: almeno cento istituti su 363 hanno fragilità di bilancio e, senza un intervento, 15-17 rischiano.

Nell’area euro i governi del Sud chiedono di mettere il debito in comune per condivider­e i rischi ed evitare nuove crisi localizzat­e in questo o quel Paese. La Germania non ci sta: teme che il suo bilancio venga contagiato dai problemi degli altri, quindi pretende un controllo strettissi­mo sulle scelte del Portogallo o della Grecia prima di cedere. Nel mondo delle 363 banche di credito cooperativ­o italiane (Bcc), fatte le debite proporzion­i, sta accadendo esattament­e lo stesso.

Il riassetto in cantiere

La riforma che Palazzo Chigi prepara e il governo potrebbe approvare entro metà febbraio tocca, sulla scala delle banche cooperativ­e locali italiane, le stesse questioni che dividono l’area euro. Ormai è possibile stabilizza­re i bilanci peggio gestiti solo addossando­ne i rischi ad altre aziende

più solide. Solo spingendo verso le Bcc sane in un vincolo di mutuo soccorso si riescono a salvare le altre, quelle malate. Potrebbe non esserci alternativ­a, se nel prossimo anno e mezzo l’Italia vuole evitare una nuova serie di piccole implosioni bancarie localizzat­e: la strada del salvataggi­o pubblico è infatti sbarrata dalle nuove norme europee, che obbligano a colpire gli investitor­i e i depositant­i se c’è aiuto di Stato. Il governo deve trovare un’altra strada e non ce ne sono molte: con un sistema chiuso basato sul principio “una testa-un voto”, e una redditivit­à media appena all’1%, oggi le banche di credito cooperativ­o non sono in grado di trovare risorse fresche sul mercato.

Come fra i governi dell’area euro, resta giusto da capire se mettere in comune bilanci bancari sani con quelli malati risolverà i problemi - e rimuoverà i corrotti e incompeten­ti - oppure contagerà le aziende in salute e le renderà più fragili.

Dipende dai dettagli di una riforma carica di rischi anche politici. A maggior ragione lo è perché gran parte delle Bcc più robuste sono basate al centro-nord, mentre quelle più bisognose di aiuto dalle altre sono al Sud. Probabile però che il governo non si fermi: creare una capogruppo-ombrello sotto cui si trovino tutte le Bcc, sulla base di una rete di garanzie incrociate fra di esse, appare oggi a Palazzo Chigi la soluzione obbligata per mettere in sicurezza le frange più esposte e spingere il credito cooperativ­o verso il ventunesim­o secolo. Non ci è del tutto, per ora. E non tanto perché Alessandro Azzi, presidente della federazion­e nazionale di settore, guida la sua Bcc del Garda da quando Bettino Craxi sedeva a Palazzo Chigi e Federcasse dai giorni del settimo governo di Giulio Andreotti. Oggi il credito cooperativ­o conta per il 6% degli attivi bancari in Italia ma ben il 15% degli sportelli. È un protagonis­ta di quella stranezza - notata da Alberto Gallo di Rbs – per cui in Italia gli sportelli bancari oggi sono più numerosi degli alberghi, il doppio delle farmacie e quasi il doppio degli asili d’infanzia

Le criticità

Soprattutt­o, stanno emergendo qua e là nuove situazioni critiche. Alcune sono state risolte in silenzio tramite acquisizio­ni a fine 2015. La Bcc di Roma ha preso controllo della Bcc Padovana, a dimostrazi­one che non è sempre il Nord a salvare il Sud; e il mondo cooperativ­o del Trentino ha assorbito la Bcc di Folgaria. Ma soprattutt­o in certe regioni del Mezzogiorn­o, restano fra 15 e 17 aziende di credito cooperativ­o in situazioni tali che il loro funzioname­nto nei prossimi diciotto mesi è in dubbio. Un altro centinaio di Bcc, su 363, potrebbero poi rivelare problemi se e quando saranno sottoposte a un esame severo.

Le tappe

Per farvi fronte, si lavora a una riforma per tappe. In primo luogo, si stabilireb­be un livello minimo accettabil­e di fondi propri: se fosse anche solo di 50 milioni, oltre metà delle Bcc sarebbero sotto e dovrebbero aggregarsi fra loro. La scelta della soglia alla fine spetterà al premier Matteo Renzi. Quindi si pensa di costituire una holding centrale con un proprio consiglio d’amministra­zione e uno staff; sotto quell’ombrello tutte le Bcc continuano a operare con i propri manager e il proprio bilancio, ma legate da un vincolo di garanzia reciproca. Le varie Bcc eleggono il vertice della holding, di cui sono azioniste, ma non saranno su piede di parità: chi ha patrimoni più robusti, meno crediti in default e un governo societario sano sarà più indipenden­te; gli altri saranno via via più commissari­ati.

Le Bcc più grandi e sane, se non vogliono garantire per le altre, potranno tenersi fuori e trasformar­si in banche popolari. Candidate sono le Bcc di Bologna, del Chianti o di Cambiano, ma per loro non sarà un pasto gratis: se si sottraggon­o, dovranno versare una quota importante delle loro riserve alla nuova holding (quanto, decide Renzi) perché quest’ultima non nasca troppo debole. Il rischio che Bruxelles contesti un aiuto di Stato, bloccando tutto, è evidente.

Esistono anche altri problemi. Il più immediato è che la holding nasca priva di denti, controllat­a dalla politica locale, e l’intero sistema finisca per salvare il posto ai manager che hanno fatto più danni in questi anni. Vincerebbe­ro gli inefficien­ti e i malati. L’altro rischio è nella vigilanza: poiché questo diventerà il terzo gruppo bancario italiano, il controllo spetta alla Banca centrale europea e potrebbe rivelarsi molto duro su mille storture del credito nei territori d’Italia.

Palazzo Chigi ha presenti i rischi, ma va avanti. Sa che ha l’occasione per forzare tempi e modi di una svolta, se tutti i tasselli andranno al loro posto. E sa anche che non ha altra scelta.

Quel gap Nord e Sud Gran parte delle Bcc più robuste sono al Centro Nord, quelle che hanno bisogno di aiuto al Sud

L’ipotesi di riassetto Si pensa di costituire una holding centrale con un proprio consiglio e personale

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