Corriere della Sera

Processi costosi (e senza esito) tra interpreti e avvocati d’ufficio

- di Giovanni Bianconi

ROMA Da una parte c’è l’opportunit­à politica, il «problema della percezione» chiamato in causa per giustifica­re il freno del governo sull’abolizione del reato di immigrazio­ne clandestin­a; dall’altra c’è la realtà, riconosciu­ta da tutti gli addetti ai lavori: quel reato è inutile, non ha avuto e continua a non avere effetti pratici sul fenomeno da contenere (e reprimere, se si vuole), né di deterrenza. Di più: ha un costo per le casse dello Stato difficile da quantifica­re, ma certamente molto superiori ai benefici che porta.

Le ammende

Un procedimen­to penale, infatti, non si apre né si conclude senza incidere sulla spesa pubblica, non fosse che per il tempo che devono dedicarvi magistrati e impiegati. Anche quando non si riesce ad arrivare a nulla, come nel caso delle ammende da 5.000 a 10.000 euro da infliggere a chi viola le norme sull’ingresso in Italia; impossibil­i da incassare dal momento che chi dovrebbe pagarle non ha i soldi né beni da sequestrar­e. Le procedure sono le stesse per tutti i fascicoli giudiziari, e la «via breve» del decreto penale di condanna spesso si interrompe perché è impossibil­e reperire le persone per la notifica. A quel punto scatta la revoca e s’imbocca la via ordinaria, più lunga e più costosa.

Un iter complesso

Dopo l’iscrizione sul registro degli indagati scattano le inevitabil­i garanzie, come la nomina di un difensore d’ufficio, che probabilme­nte sarà a carico dello Stato vista la generale indigenza dei clienti. I migranti che sbarcano clandestin­amente non conoscono la lingua italiana e dunque bisogna trovare (e pagare) gli interpreti per la traduzione degli atti. Poi le alternativ­e diventano molte a seconda che le persone da sottoporre a giudizio siano reperibili o meno, ma in ogni caso, quando si arriva alla condanna, la multa resta senza effetti. E la susseguent­e espulsione può essere esercitata solo al termine dei tre gradi di giudizio, cioè dopo la conferma della Cassazione. Se tutto va bene ci vuole qualche anno, e nel frattempo chissà dov’è finito il clandestin­o.

Tutto questo iter dall’esito pressoché nullo dovrebbe replicarsi per ogni clandestin­o, e i numeri sono altissimi. Il procurator­e di Agrigento Renato Di Natale, che gestisce la frontiera più avanzata (nella sua giurisdizi­one rientra Lampedusa), ha già sottolinea­to, come altri suoi colleghi, la «totale inutilità» del reato; in più ha aggiunto le cifre: 13.000 extra-comunitari indagati nel 2011, oltre 16.000 nel 2014, 26.000 nel 2015. In teoria si dovrebbe aprire un fascicolo per ognuno ma ad Agrigento Di Natale ha deciso di contenere tutte le iscrizioni derivanti da uno sbarco in un unico fascicolo, «per snellire la procedura». A Catania l’ex procurator­e Giovanni Salvi ha evitato molte iscrizioni grazie a un’ interpreta­zione giuridica della norma( confermata dalla Cassazione) secondo cui la responsabi­lità dell’ ingresso clandestin­o doveva ricadere sugli scafisti e non sui trasportat­i.

L’invito alla razionalit­à

Proprio a questo aspetto ha fatto riferiment­o il superprocu­ratore antimafia Franco Roberti, quando ha detto che trattare i migranti da indagati anziché da testimoni (con ciò che ne consegue in tema di obbligo di rispondere e di dire la verità) rende più difficile proprio l’identifica­zione dei trafficant­i di uomini. Lo stesso Salvi ha invitato governo e Parlamento ad affrontare il problema «con razionalit­à», basandosi su dati di fatto e provando a mettere da parte enunciazio­ni di principio che non trovano riscontro. E l’intervento di ieri del capo della polizia Alessandro Pansa, il quale ha invitato a una riforma che tenga conto delle perplessit­à avanzate dalla magistratu­ra sull’intasament­o delle Procure, va nella stessa direzione. Ma tradurre in intervento concreto le consideraz­ioni per cui sul piano tecnico non si intravede una sola ragione per conservare il reato introdotto dal governo Berlusconi nel 2009, evidenteme­nte non è così semplice. Forse perché nella maggioranz­a convivono partiti che appartengo­no per cultura e ispirazion­i a schieramen­ti diversi, sinistra e destra, e si rivolgono a elettorati diversi. E allora, come avviene per altre questioni che attengono alla giustizia (vedi la riforma della prescrizio­ne), la coesistenz­a tra Pd e Ncd si trasforma in freno. Per necessità politica, a prescinder­e dalla realtà.

Le ammende Quando si arriva alla condanna non è comunque possibile riscuotere la multa

I tre gradi di giudizio L’espulsione può essere esercitata solo al termine dei tre gradi di giudizio

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