Corriere della Sera

«Contratti, dai sindacati un ferro vecchio Difficile un’intesa con Confindust­ria»

Sacconi: la logica confederal­e non regge più. «Meglio la proposta Federmecca­nica»

- di Lorenzo Salvia lorenzosal­via

Presidente Maurizio Sacconi ( Ncd), ha visto la proposta unitaria di Cgil, Cisl e Uil sui contratti? Che ne pensa?

«Mi pare una non notizia».

Ma dentro ci sono cose importanti, e che lei sostiene da tempo, come il welfare aziendale e la contrattaz­ione decentrata, cioè quella sul territorio o in azienda.

«Molti contenuti sono più arretrati rispetto a quello che la legge già consente, come la contrattaz­ione decentrata che può fare solo quello che decide il contratto nazionale. Ma non è questo il problema».

E qual è allora?

«Quel documento è in sé un ferro vecchio e non è la premessa per un accordo».

Questo perché il presidente di Confindust­ria è vicino alla scadenza del suo mandato ed è difficile che impegni la sua organizzaz­ione su

un punto così delicato?

«No, non solo. Anche loro sono consapevol­i che queste cose non hanno senso».

Scusi, ma cosa intende con queste cose?

«La logica confederal­e, cioè la pretesa di omologare tutte le categorie di lavoratori e imprese, non regge più. Anche se dentro quel documento ci fossero solo ottime proposte, cosa che non è, si creerebbe un vincolo, si avrebbe la pretesa di omologare il bisogno di cambiament­o dentro un modello rigido. Guardi, in un tempo opaco per le relazioni industrial­i ma denso di problemi per le imprese e i lavoratori, l’unico raggio di sole è arrivato con la proposta di Federmecca­nica».

Che spinge molto sulla contrattaz­ione aziendale, mettendo sul piatto 260 euro di aumenti, anche in forma di welfare. Ma sono principi che ci sono anche nel documento unitario dei sindacati, non crede?

«Il punto non è partire dai modelli astratti ma dai bisogni concreti dei lavoratori e delle imprese. I primi chiedono più sicurezze in termini di welfare e occupabili­tà, le seconde più efficienza. E tutti sanno che gli aumenti si fanno solo dove si produce ricchezza».

Questo funziona quando le cose vanno bene.

«Questo serve a far andar bene le cose. La proposta di Federmecca­nica alzerà i salari e il loro potere d’acquisto ma alzerà anche la produttivi­tà riducendo il costo del lavoro per unità di prodotto. Fa il bene del lavoratore, delle imprese e dell’economia in generale perché fa salire sia i consumi che gli investimen­ti. È quello di cui abbiamo bisogno nel 2016, visto che la domanda estera si riduce e si riducono pure gli incentivi sul lavoro, come giusto che sia. Se va in porto, la proposta di Federmecca­nica è più importante del Jobs act ».

E andrà in porto?

«Credo di sì, perché ha intercetta­to una domanda reale dei lavoratori e delle imprese».

Però nelle aziende medio piccole, che in Italia sono la maggior parte, è difficile fare una cosa del genere.

«Non è vero, vengono riproposti su base nazionale gli schemi di Treviso. Lì, su base provincial­e, ci sono schemi di accordo aziendale in cui anche l’impresa che non ha un sindacato interno scambia salario accessorio ed eventuali benefit con indicatori di efficienza, sottopone l’accordo ai lavoratori che lo votano e poi su quelle voci beneficia della detassazio­ne. Funziona».

Il governo aveva detto che senza un accordo fra sindacati e Confindust­ria avrebbe presentato una proposta di legge sul salario minimo. Lei dice che l’accordo non si farà: quella proposta, quindi, è in arrivo?

«Credo che in questo momento si possa fare a meno anche della legge. La proposta di Federmecca­nica conta di

più, perché darebbe vita a una nuova dimensione di dialogo sociale».

Ridimensio­nando in questo modo il ruolo del sindacato.

«Non è vero. Il sindacato cogestireb­be un esteso welfare integrativ­o. E otterrebbe vera formazione, che significa non lasciare il lavoratore indietro rispetto alla tecnologie, un tema enorme per un Paese con tanto lavoro routinario destinato a sparire. Guardi, ha presente Bob King?»

L’ex leader del sindacato americano dei lavoratori dell’auto?

«Proprio lui. Dice “Noi vogliamo fare ceto medio”. Mica pensa di cambiare il mondo».

Come da noi Maurizio Landini...

«(Ride) Guardi che, anche se con qualche vizio ideologico, Landini la svolta del sindacato di mestiere l’ha annusata prima degli altri».

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Il profilo Maurizio Sacconi, commission­e Lavoro Senato

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