Corriere della Sera

I colloqui con «il cattivo»

Osama Bin Laden in tv sulla Cnn Grandi inviati da Escobar e Mesina

- Di Sara Gandolfi 4 5 6 1 2 3

Nel marzo 1997 l’inviato di guerra della Cnn Peter Arnett fu il primo reporter occidental­e a incontrare Osama bin Laden. «Imbracciav­a una mitragliat­rice Ak-47, non mi era mai capitato di intervista­re qualcuno in condizioni simili». Ma lo fece, anche se Osama era già il Male assoluto. Perché un giornalist­a ha, comunque e sempre, il dovere di raccontare. Come aveva fatto nel ‘47 Michael Stern, che intervistò nelle gole di Montelepre il bandito Salvatore Giuliano. Una «fame» di notizia che raramente diventa connivenza. Come quella che colpì, stando alla ricostruzi­one della serie tv Narcos, la giornalist­a colombiana Virginia Vallejo che, nel 1982, intervistò il re della droga Escobar. E ne diventò l’amante. Lo chiamava il «Robin Hood paisan», per spingere la sua candidatur­a a deputato. Finì male, per lui: Virginia alla fine andò in Usa e gli testimoniò contro. Più fedeli furono i giornalist­i che si addentraro­no nel Chiapas messicano per incontrare lo Zorro dei tempi moderni: c’era la fila, nella selva, per parlare con il Subcomanda­nte Marcos. Ci finirono anche Gianni Minà e Manuel Vazquez Montalban.

E siamo in Italia. Un buon giornalist­a non rifiuta mai una buona intervista. Racconta Giorgio Bocca nel libro Il provincial­e: «Franco Piperno, uno dei leader degli autonomi, noto per aver definito il sequestro Moro una “dimostrazi­one di geometrica potenza”, è disposto a ricevermi nella sua latitanza». Bocca seguì l’istinto, come Indro Montanelli che incontrò l’ultimo bandito d’Italia, Graziano Mesina. E gli promise di fare un film sulla sua rocamboles­ca vita.

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