DE LUCA, QUARTO E IL CENSURATO CHE DIVENTA MORALIZZATORE
Ci mancava solo il censurato che si impanca a censore. Ai tempi della canotta traforata, Umberto Bossi non si è mai proposto come arbiter elegantiarum. In toga e senza, Antonio Di Pietro non si è mai offerto come maestro nell’uso dei congiuntivi. Ma Vincenzo De Luca non conosce dismisura. Ed eccolo, allora, all’attacco dei pentastellati per la storia di Quarto, dove un camorrista invitava a votare per il movimento; un eletto, poi espulso, è indagato per vari reati; e la sindaca ha appena ricevuto lo sfratto mediatico di Roberto Saviano. «Cari grillini, non accetto da nessuno patenti di moralità: il tempo del propagandismo è finito», ha tuonato severo il governatore. Ed è lo stesso governatore, a proposito di propagandismo da evitare, che a fine anno ha convocato i giornalisti per un bilancio dei suoi primi mesi alla Regione Campania e così, sobriamente, ha concluso: «Devo essere sincero, credo davvero di aver fatto miracoli. Anzi, confesso di essere traumatizzato da me stesso». Testuale. Neanche Crozza, insomma. Ma a parte questo, e a parte l’ironia sul voto dei «non oxfordiani» ( alias i camorristi) di Quarto, De Luca, che pure ammise a suo tempo di essersi ritrovato qualche «impresentabile» nelle liste, ha ora sfidato Grillo a un pubblico dibattito. Non già, si badi, a chi ha l’insulto più facile o a chi più diffida dei giornalisti. Bensì sulla correttezza amministrativa. Proprio così. Lo sfidante ha aggiunto che tutte le date vanno bene. Tutte, ha però omesso di dire, tranne il 15 gennaio. Quel giorno dovrà recarsi in corte d’Appello per dichiarazioni spontanee nel processo per abuso di ufficio. Un reatuccio, certo. Ma rispetto al primo grado, la Procura ha già esteso l’ipotesi accusatoria: ora chiede il processo anche per il reato di peculato.