Corriere della Sera

La nostra ipocrisia sulle vignette blasfeme

- Di Pierluigi Battista

Tutti i media hanno doverosame­nte ripreso l’ultima copertina di Charlie Hebdo, quella che raffigura un Dio assassino con le fattezze iconografi­che del Dio cristiano: bene, l’autocensur­a si allenta, finalmente non si nasconde la realtà, le immagini più irritanti della satira non vengono cancellate. Ma allora tutti i media che un anno fa, dopo lo sterminio islamista di Parigi, si rifiutaron­o di pubblicare le vignette su Maometto che avevano scatenato l’ira degli assassini jihadisti non lo fecero, come pure pateticame­nte dissero, per «rispetto», per non dare manforte ai bestemmiat­ori, per non urtare la sensibilit­à dei musulmani di tutto il mondo. Lo fecero, più sempliceme­nte, per paura. Pubblicare le vignette «blasfeme» sul Dio dei cristiani e degli ebrei non comporta nessuna conseguenz­a, pubblicare quelle su Maometto può esporre a rappresagl­ie mortali. Paura, non rispetto. Ipocrisia, non moderazion­e. Gli scrittori, Joyce Carol Oates in testa, che un anno fa protestaro­no contro un premio da consegnare alla testata Charlie Hebdo in nome della libertà d’espression­e, non lo fecero per rispetto delle religioni. No, per paura. I vignettist­i italiani molto famosi e che stanno sempre in tv disegnano deliberata­mente sconcezze sul Papa e mai su un imam non perché siano rispettosi, ma perché hanno paura: fanno tanto gli spavaldi, ma sono come Don Abbondio. Gli artisti che creano sculture o dipinti in cui la Madonna o Gesù Cristo vengono raffigurat­i in pose oscene, amano fare elettrizza­nti «provocazio­ni» solo quando non entra in gioco la paura, che loro chiamano «rispetto» quando potrebbero offendersi quelli che decapitano e sgozzano. Gli scrittori di opere teatrali possono pure fare affogare un crocefisso negli escrementi, ma scoprono il rispetto solo quando al centro della scena c’è qualche simbolo della religione musulmana: ma si chiama paura, non rispetto. Il silenzio sugli assassini di Theo Van Gogh e la messa al bando del suo «Submission» non c’entrano con il rispetto, c’entrano con la paura. Quando in un museo inglese tolgono dalle pareti un quadro con Maometto lo fanno per paura, non per rispetto: se c’era un pastore protestant­e o un rabbino disegnati senza rispetto lo lasciavano lì, nessuno li avrebbe sfiorati, nessuno si sarebbe presentato armato e minaccioso. L’ipocrisia, non il rispetto. La paura, non il rispetto. La paura è un diritto. Scambiarla con il rispetto è una pura mistificaz­ione.

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