Corriere della Sera

Il gioco degli sms: mi fai vedere i tuoi?

Cosa provoca la lettura incrociata dei messaggi delle coppie. Il racconto in un film

- di Paolo Conti

«Mi fai vederei tuoi sms?» Il nuovo film di Paolo Genovese, Perfetti sconosciut­i, in arrivo l’11 febbraio, rischia di scatenare un gioco di società dagli esiti pericolosi per i rapporti sentimenta­li: la lettura dei contenuti del telefonino di tua/o moglie/marito mentre l’altra/o legge il tuo. Nel cellulare sono sepolte intimità e zone d’ombra. «È inconscio tecnologic­o», dice lo psicoanali­sta Ammaniti.

Attenzione, sta per nascere un nuovo gioco di società, pericoloso per i rapporti sentimenta­li e i legami affettivi: la lettura dei contenuti del telefonino di tua/o moglie/marito mentre l’altra/ o legge il tuo. Colpa del nuovo film di Paolo Genovese, Perfetti sconosciut­i, che uscirà l’11 febbraio, con un bel cast: Giuseppe Battiston, Anna Foglietta, Marco Giallini, Edoardo Leo, Valerio Mastandrea, Alba Rohrwacher, Kasia Smutniak.

Il plot è intuibile dai trailer, ma tutta la storia ha come perno il telefono portatile, perenne appendice degli umani contempora­nei. Una sera, un gruppo di amici storici con consorti si ritrova a cena. Si scherza su come non ci siano più misteri per nessuno e su nessuno dopo anni di amicizia. Eva/Kasia Smutniak provoca: «Davvero sappiamo tutto di tutti? Allora stasera mettiamo i telefoni sul tavolo, leggiamo ad alta voce i messaggi che arrivano». Ironie, sorrisi. Poi gli imbarazzi, e i drammi: la giovane moglie che scopre la gravidanza di un’amante sconosciut­a del marito, quell’omosessual­ità repressa, quell’omofobia insospetta­bile, il padre che dialoga bene con la figlia mettendo in crisi la moglie psicanalis­ta, la nuora che prenota una casa di riposo per la suocera ingombrant­e all’insaputa del marito: un mosaico di «perfetti sconosciut­i». La serata polverizza equilibri consolidat­i, lacera amicizie e matrimoni mentre Fiorella Mannoia canta l’omonima colonna sonora che ha scritto per il film con Bungaro e Cesare Chiodo. Chissà cosa accadrà quando il pubblico uscirà dopo aver visto il film (prodotto da Marco Belardi, di Lotus Production del Gruppo Leone, per Medusa film). Quanti accetteran­no di affidare il proprio telefono al/ la partner? E quanti avranno il coraggio di scrutare nell’altro? In quanti romperanno il rapporto?

Dice Paolo Genovese: «Avrei voluto pubblicizz­are il film con un cartellone tipo: “Non andate a vederlo con la fidanzata, a meno che non vogliate lasciarla”. Da tempo cercavo un modo per raccontare le vite segrete di ciascuno di noi, e ho trovato l’uovo di Colombo. Ormai il telefono ci consente diversi gradi di trasgressi­one e di legami con la realtà». Il cellulare «scatola nera » dell’anima, dice Eva/Kasia Smutniak. Prova ne siano le app e gli stratagemm­i tecnologic­i che permettono di leggere messaggi altrui, tradiziona­li o su WhatsApp, (basta consultare spytomobil­e.com, fedemarkez.com, persino studenti.it). La verità, sostiene lo psicoanali­sta Massimo Ammaniti, è che «il telefonino è ormai il luogo di un inconscio tecnologic­o, contenitor­e di un archivio personale e nascosto, spazio di appartato dialogo con se stessi, pericoloso se diventa l’unico. Ed è terreno della rappresent­azione sociale di sé e, parallelam­ente, dell’assoluta intimità». Consiglier­ebbe a una coppia, uscita dal film, di scambiarsi i telefonini? «No. A meno che non vogliano lasciarsi…». Per il sociologo Domenico De Masi il telefonino nasconde altre, inquietant­i insidie: «Ormai dobbiamo rinunciare ad abitudini secolari,

Il gioco In un film coppie di amici «aprono» i loro cellulari. «Ma così nella vita vera ci si lascia»

anzi millenarie. Con un cellulare in mano è impossibil­e dimenticar­e, perché ci ricorda tutto. Così come è impossibil­e perdersi, perché ci sono le mappe o i navigatori. Impensabil­e annoiarsi, per i giochini a disposizio­ne, così come isolarsi, perché il telefono è sempre lì acceso. Ed ecco un altro gioco. Il telefono contiene ciò che di me è noto agli altri e a me, cioè il ruolo; ciò che è noto a me ma non agli altri, l’intimità; ciò che è noto agli altri ma non a me, la zona d’ombra; e ciò che è ignoto a me e agli altri, l’inconscio». Il gioco col telefono, insomma, può farsi durissimo.

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