Lite nel Pd sui posti ai verdiniani Delitto stradale, governo battuto
Nelle commissioni tre vicepresidenti. Bersani e Speranza: no alla maggioranza con Ala. Ma Renzi: non è così
Il voto sulla riforma del Senato (con il sì di 17 verdiniani) e la lotteria delle poltrone nelle commissioni di Palazzo Madama (che premia tre di Ala) scatenano la lite nel Pd. Bersani e Speranza: no alla maggioranza con Ala. Renzi: non è così. Alla Camera governo battuto sull’omicidio stradale.
Chi parla di nuova maggioranza si appiglia a due circostanze che si sono succedute nelle ultime 36 ore. Prima il voto sulla riforma costituzionale — sospinto oltre il quorum richiesto da tre ex leghisti, due dissidenti di Forza Italia e 17 verdiniani — e poi la lotteria delle poltrone nelle commissioni del Senato che ha premiato in quota maggioranza anche tre parlamentari di Ala, il cui capo è l’ex forzista Denis Verdini. Per dirla con l’ex ministro Gaetano Quagliariello, che corregge un verso di Domenico Modugno già storpiato da Verdini in tv: « La maggioranza, sai, è affiliazione/Tu voti per cambiare la Costituzione/Il giorno dopo vinci premio in commissione».
Questa impostazione che punta a dipingere una maggioranza non autosufficiente e puntellata — il governo è inciampato alla Camera sull’omicidio stradale e al Senato ha dovuto far buon viso a cattivo gioco sulla conferma di Altero Matteoli (FI) alla commissione Trasporti — viene alimentata da tutta l’opposizione. Ma il premier Matteo Renzi chiude il «dibattito non appassionante»: «Non c’è nessuna presidenza di commissione di Verdini. Ce n’è una di Forza Italia».
Ma ora sul fuoco soffia la minoranza bersaniana del Pd. Prima Miguel Gotor («è iniziato il trasformismo»), poi Roberto Speranza («se Verdini è in maggioranza, si deve aprire un dibattito in Parlamento») e, in un crescendo, anche Pier Luigi Bersani: Verdini «poi si è corretto, parla di affiancarsi al Pd ma ha ragione lui: se fai il listone con un altro partito il termine giusto è affiliazione... E se dovesse esserci lui con noi avrei un problema». E, visto che c’è, l’ex segretario del Pd tira anche una rasoiata sull’affaire Banca Etruria: «Sul piano dei comportamenti emerge una sovrabbondanza di relazioni amicali, localistiche. Lette anche all’estero dagli investitori. Consiglierei a Renzi e alla Boschi di non usare toni troppo assertivi che possono apparire arroganti».
A tutto questo si aggiunge la «strana opposizione» di FI e grillini che insieme hanno affossato l’omicidio stradale e, appoggiati dal verdiniano Lucio Barani, hanno eletto Matteoli: «Ala ormai è in maggioranza», attacca il capogruppo Paolo Romani (FI). «Con Matteoli, anche FI è in maggioranza», replica Barani. I confini tra chi governa e chi si oppone sono confusi e il capogruppo pd Luigi Zanda prova a portare ordine: «Romani sa bene che in Parlamento chi vota la fiducia al governo è in maggioranza e chi non la vota è all’opposizione». Però è vero pure che ieri al Senato (c’era la relazione sulla giustizia del ministro Orlando) i verdiniani hanno garantito il numero legale che i centristi di Alfano (che puntavano a più poltrone) si rifiutavano di garantire. E così — anche con l’arrivo in Senato del sottosegretario Luca Lotti — è partita la trattativa sulle commissioni (14 presidenze: confermate le 9 del Pd, le 5 di Ncd con Nico D’Ascola alla Giustizia, una di FI) e soprattutto quella sulle 28 vicepresidenze.
Forza Italia e grillini si sono accaparrati, con limitate concessioni a Gal e alla Lega, tutte le 14 poltrone in quota minoranza. Delle altre 14 (spettanti alla maggioranza) tre sono andate ai verdiniani: Lancella (Bilancio), Eva Longo (Finanze) e Compagnone (Difesa). Premiati anche altri 4 verdiniani: l’ex grillina Gambaro, Amoruso e Repetti (la compagna di Sandro Bondi) che diventano segretari di commissione. Ora manca il rimpasto di governo (il centrista Costa andrebbe agli Affari regionali) e chissà quanti posti oscuri di sottogoverno.