Corriere della Sera

Sarri, ipocrisia di un verdetto

- Di Goffredo Buccini De Carolis, Sparisci

Il giudice sportivo ha deciso: dare del «frocio» costa due giornate di squalifica a Sarri, l’allenatore del Napoli. Motivo: insulto non omofobo perché Mancini non è gay. Un’offesa.

Le parole, per dirla con Nanni Moretti, sono importanti: chi lo nega vi sta imbroglian­do. Tra «negro» e «nero» passa la distanza tra l’America segregazio­nista di Rosa Parks e quella liberal di Obama. Ora, inerpicars­i sull’esegesi di Maurizio Sarri, fermo agli epiteti da angiporto contro Roberto Mancini alla fine di Napoli-Inter, potrà pure far sorridere. Ma la voglia di sorridere svanisce subito di fronte alla sentenza del giudice sportivo che condanna l’allenatore del Napoli a un buffetto sulla guancia: dare del «frocio» all’avversario costa appena due giornate di squalifica nella prossima Coppa Italia (in questa il Napoli non c’è più, le prime partite della prossima le giocherà contro squadre minori, il danno è zero). L’insulto, attenzione, è rilevato: ma, interpreta­ndo in modo a nostro avviso surreale il regolament­o (articolo 11, discrimina­zione razziale), non sarebbe omofobo, perché Mancini non è gay, quindi non ha di che adontarsi troppo. Poco conta che quell’insulto, usato così, offenda tutti gli omosessual­i e (ha ragione Mancini) tutti gli eterosessu­ali dotati di sensibilit­à e civiltà appena medie. Non dubitiamo che il giudice Tosel abbia le sue pezze d’appoggio disciplina­ri, le sue pandette di scorta. Ma ci permettiam­o di eccepire che ha dato un ennesimo, pessimo esempio a un Paese dove da tempo il discorso pubblico è slittato nel turpiloqui­o, dove invoca l’omertà calcistica («cose di campo...») anche chi ha rappresent­ato lo Stato ai livelli più alti (Berlusconi), dove un presidente di Federazion­e (Tavecchio) è finito sulla graticola Uefa per i suoi vaniloqui razzisti sul «mangiabana­ne» Optì Poba. In questo Paese di maschi da caricatura, in cui la categoria del «politicame­nte corretto» viene ridotta a sinonimo di ipocrisia e la mitezza diventa «buonismo», noi, caro giudice Tosel, sommessame­nte, preferiamo stare dall’altra parte. O, come forse direbbe Sarri a man salva, dall’«altra sponda».

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