Corriere della Sera

«Riforme, noi indispensa­bili»

Il ministro: Verdini? Il governo ha sempre avuto la fiducia senza il suo gruppo

- Di Francesco Verderami

«Il centrodest­ra protagonis­ta delle riforme». Il richiamo alle radici del ministro dell’Interno Angelino Alfano.

«La missione è compiuta. E grazie a noi la storia ricorderà che anche il centrodest­ra è stato artefice della grande riforma. Perché noi — che siamo tra i padri della nuova Costituzio­ne — con il nostro voto al Senato abbiamo rappresent­ato quel popolo di centrodest­ra e di moderati che per venti anni ha chiesto il rinnovamen­to delle istituzion­i. La nascita della Terza Repubblica». Il richiamo alle radici di Angelino Alfano è un modo per marcare l’identità, prima di proseguire la missione «con la corsa al referendum d’autunno, che segnerà un nuovo schema bipolare: da una parte chi lavora al cambiament­o, dall’altra chi mira allo status quo». In fondo, un punto di arrivo in politica non è che un altro punto di partenza. E c’è un motivo se il leader di Ncd si volge indietro un’ultima volta: «Una legislatur­a nata moribonda si è trasformat­a nella più importante stagione della storia repubblica­na dopo la Costituent­e. Uno strappo doloroso ha dato frutti».

Ma è Renzi che li raccoglie.

«Con un gioco di parole, Renzi ha detto che “l’impossibil­e è diventato possibile”. Per stare al gioco di parole, rispondo che la storia di questi anni dimostra come senza di noi sarebbe stato impossibil­e che l’impossibil­e diventasse possibile. Perciò non crediamo che il referendum sarà un plebiscito, bensì un grande moto di popolo schierato per il cambiament­o. In tal senso la nostra campagna referendar­ia avrà una sua specificit­à: i comitati per il “Sì” — che costituire­mo in tutte le province — non saranno guidati da esponenti politici ma da rappresent­anti delle categorie profession­ali, in nome di aggregazio­ni civiche. Saranno loro il fronte del popolo contro Grillo e Vendola, Salvini e Landini, Berlusconi e Zagrebelsk­y».

Lei starà insieme a Renzi e Verdini, appena entrato in maggioranz­a.

«La maggioranz­a per le riforme non è la maggioranz­a di governo. Di questa formula noi possediamo il copyright: perché senza di noi non ci sarebbe questa legislatur­a, senza di noi non ci sarebbe questo esecutivo, senza di noi non ci sarebbero queste riforme. Che Verdini ha votato in coerenza con il patto del Nazareno».

Tornerete insieme da fratelli (coltelli)?

«Ne parleremo. Certamente le alleanze referendar­ie scomporran­no e ricomporra­nno l’offerta politica: il confine tra il nuovo e il vecchio sarà così marcato che gioco forza gli schieramen­ti si aggiustera­nno in base a quel confine».

Allora ha ragione la minoranza del Pd a evidenziar­e l’avvenuto cambio di maggioranz­a e a chiedere un dibattito alle Camere.

«Questo dibattito farebbero prima a tenerlo al Nazareno. Siamo alle solite, ma non è una cosa che mi riguarda. Rilevo solo che il gruppo Ala in Parlamento non ha mai votato la fiducia al governo e che il governo ha sempre ottenuto la fiducia senza i voti del gruppo Ala».

Se è vero che il referendum darà vita a un nuovo «schema bipolare», proporrete a Renzi un’alleanza alle elezioni politiche?

«Da un anno dico che dovremo decidere del nostro destino dopo il referendum. E sono certo che allora saremo in tanti a decidere insieme. C’è tempo: le elezioni sono lontanissi­me».

Punti un euro: al voto nel 2017 o nel 2018?

«Lo punto sul 2018. Perché l’idea che il governo riflette, nel Paese come in Europa, è quella di un’Italia stabile nelle sue istituzion­i, quindi forte. Le elezioni anticipate contraddir­ebbero questa idea».

In attesa del 2018, però, il Pd ha escluso alleanze con voi alle Amministra­tive.

«Dalle Europee in poi abbiamo dimostrato di saper camminare da soli. Il Pd farà le sue scelte in vista della campagna elettorale per le Amministra­tive, che inizierà in contempora­nea con la campagna referendar­ia. E sarà libero di dire agli elettori che si allea con chi avrà votato intanto la mozione di sfiducia contro il governo, con chi raccoglie le firme contro il Jobs act del governo, con chi si batte contro le riforme a cui Renzi affida il suo destino politico».

Sicuro che non vuole cambiare la puntata? Può reggere fino al 2018 il governo di un premier che fa quotidiana­mente a braccio di ferro con l’Europa? Weber, capogruppo del Ppe a Strasburgo, ha dato del populista a Renzi.

«Io credo che serva buonsenso. Vanno difesi gli interessi nazionali senza tagliare i ponti con l’Europa. Bisogna vincere le partite sulla flessibili­tà economica e sui flussi migratori senza provocare una crisi comunitari­a. Secondo me si può fare. L’Italia ce la può fare».

Nello scontro tra il premier italiano e il presidente della Commission­e europea, delle due l’una: o Renzi è un «compagno che sbaglia» o Juncker è «un amico che tradisce».

«Sono un politico, non mi ergo a giudice. E da politico ricordo di far parte di un governo che deve portare a casa due risultati: sulla flessibili­tà economica e sui flussi migratori. Il resto fa parte di un confronto aspro che è la cornice della trattativa. Un risultato positivo nella mediazione rinforzere­bbe il mio spirito europeista, che non è venuto meno. Il Ppe su questa linea ci ha dato una mano. Weber l’ha fatto nei passaggi decisivi».

Da titolare dell’Interno, cosa pensa della consulenza per la cyber security che il premier vorrebbe affidare al suo amico Carrai?

«Come ha detto il presidente del Consiglio, la guida dell’intelligen­ce è istituzion­almente affidata al sottosegre­tario Minniti. Sulle altre funzioni condivido l’idea che chi governa abbia necessità di scegliersi i propri collaborat­ori».

Il centrodest­ra Abbiamo rappresent­ato il popolo di centrodest­ra e di moderati che per vent’anni ha chiesto di rinnovare le istituzion­i

Il no al plebiscito La consultazi­one non sarà un plebiscito. Noi creeremo comitati per il sì guidati da rappresent­anti delle profession­i

I rapporti con il Ppe Su flessibili­tà e migranti serve una mediazione Il Ppe ci ha dato una mano e Weber l’ha fatto nei passaggi decisivi

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