«Riforme, noi indispensabili»
Il ministro: Verdini? Il governo ha sempre avuto la fiducia senza il suo gruppo
«Il centrodestra protagonista delle riforme». Il richiamo alle radici del ministro dell’Interno Angelino Alfano.
«La missione è compiuta. E grazie a noi la storia ricorderà che anche il centrodestra è stato artefice della grande riforma. Perché noi — che siamo tra i padri della nuova Costituzione — con il nostro voto al Senato abbiamo rappresentato quel popolo di centrodestra e di moderati che per venti anni ha chiesto il rinnovamento delle istituzioni. La nascita della Terza Repubblica». Il richiamo alle radici di Angelino Alfano è un modo per marcare l’identità, prima di proseguire la missione «con la corsa al referendum d’autunno, che segnerà un nuovo schema bipolare: da una parte chi lavora al cambiamento, dall’altra chi mira allo status quo». In fondo, un punto di arrivo in politica non è che un altro punto di partenza. E c’è un motivo se il leader di Ncd si volge indietro un’ultima volta: «Una legislatura nata moribonda si è trasformata nella più importante stagione della storia repubblicana dopo la Costituente. Uno strappo doloroso ha dato frutti».
Ma è Renzi che li raccoglie.
«Con un gioco di parole, Renzi ha detto che “l’impossibile è diventato possibile”. Per stare al gioco di parole, rispondo che la storia di questi anni dimostra come senza di noi sarebbe stato impossibile che l’impossibile diventasse possibile. Perciò non crediamo che il referendum sarà un plebiscito, bensì un grande moto di popolo schierato per il cambiamento. In tal senso la nostra campagna referendaria avrà una sua specificità: i comitati per il “Sì” — che costituiremo in tutte le province — non saranno guidati da esponenti politici ma da rappresentanti delle categorie professionali, in nome di aggregazioni civiche. Saranno loro il fronte del popolo contro Grillo e Vendola, Salvini e Landini, Berlusconi e Zagrebelsky».
Lei starà insieme a Renzi e Verdini, appena entrato in maggioranza.
«La maggioranza per le riforme non è la maggioranza di governo. Di questa formula noi possediamo il copyright: perché senza di noi non ci sarebbe questa legislatura, senza di noi non ci sarebbe questo esecutivo, senza di noi non ci sarebbero queste riforme. Che Verdini ha votato in coerenza con il patto del Nazareno».
Tornerete insieme da fratelli (coltelli)?
«Ne parleremo. Certamente le alleanze referendarie scomporranno e ricomporranno l’offerta politica: il confine tra il nuovo e il vecchio sarà così marcato che gioco forza gli schieramenti si aggiusteranno in base a quel confine».
Allora ha ragione la minoranza del Pd a evidenziare l’avvenuto cambio di maggioranza e a chiedere un dibattito alle Camere.
«Questo dibattito farebbero prima a tenerlo al Nazareno. Siamo alle solite, ma non è una cosa che mi riguarda. Rilevo solo che il gruppo Ala in Parlamento non ha mai votato la fiducia al governo e che il governo ha sempre ottenuto la fiducia senza i voti del gruppo Ala».
Se è vero che il referendum darà vita a un nuovo «schema bipolare», proporrete a Renzi un’alleanza alle elezioni politiche?
«Da un anno dico che dovremo decidere del nostro destino dopo il referendum. E sono certo che allora saremo in tanti a decidere insieme. C’è tempo: le elezioni sono lontanissime».
Punti un euro: al voto nel 2017 o nel 2018?
«Lo punto sul 2018. Perché l’idea che il governo riflette, nel Paese come in Europa, è quella di un’Italia stabile nelle sue istituzioni, quindi forte. Le elezioni anticipate contraddirebbero questa idea».
In attesa del 2018, però, il Pd ha escluso alleanze con voi alle Amministrative.
«Dalle Europee in poi abbiamo dimostrato di saper camminare da soli. Il Pd farà le sue scelte in vista della campagna elettorale per le Amministrative, che inizierà in contemporanea con la campagna referendaria. E sarà libero di dire agli elettori che si allea con chi avrà votato intanto la mozione di sfiducia contro il governo, con chi raccoglie le firme contro il Jobs act del governo, con chi si batte contro le riforme a cui Renzi affida il suo destino politico».
Sicuro che non vuole cambiare la puntata? Può reggere fino al 2018 il governo di un premier che fa quotidianamente a braccio di ferro con l’Europa? Weber, capogruppo del Ppe a Strasburgo, ha dato del populista a Renzi.
«Io credo che serva buonsenso. Vanno difesi gli interessi nazionali senza tagliare i ponti con l’Europa. Bisogna vincere le partite sulla flessibilità economica e sui flussi migratori senza provocare una crisi comunitaria. Secondo me si può fare. L’Italia ce la può fare».
Nello scontro tra il premier italiano e il presidente della Commissione europea, delle due l’una: o Renzi è un «compagno che sbaglia» o Juncker è «un amico che tradisce».
«Sono un politico, non mi ergo a giudice. E da politico ricordo di far parte di un governo che deve portare a casa due risultati: sulla flessibilità economica e sui flussi migratori. Il resto fa parte di un confronto aspro che è la cornice della trattativa. Un risultato positivo nella mediazione rinforzerebbe il mio spirito europeista, che non è venuto meno. Il Ppe su questa linea ci ha dato una mano. Weber l’ha fatto nei passaggi decisivi».
Da titolare dell’Interno, cosa pensa della consulenza per la cyber security che il premier vorrebbe affidare al suo amico Carrai?
«Come ha detto il presidente del Consiglio, la guida dell’intelligence è istituzionalmente affidata al sottosegretario Minniti. Sulle altre funzioni condivido l’idea che chi governa abbia necessità di scegliersi i propri collaboratori».
Il centrodestra Abbiamo rappresentato il popolo di centrodestra e di moderati che per vent’anni ha chiesto di rinnovare le istituzioni
Il no al plebiscito La consultazione non sarà un plebiscito. Noi creeremo comitati per il sì guidati da rappresentanti delle professioni
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