Corriere della Sera

Il ritorno di SuperMario e le due opzioni in gioco: giù i tassi sui depositi e spinta sull’acquisto titoli

- di Danilo Taino @danilotain­o

È tornato il Draghi che entusiasma i mercati. Probabilme­nte non è il suo obiettivo, non il primo: fatto sta che la conferenza stampa di ieri ha rovesciato per almeno un giorno la tendenza ad abbandonar­e ogni rischio nella quale si rifugiano gli investitor­i da tempo e che ha causato settimane di Borse in caduta. Il presidente della Banca centrale europea ha ribadito con la massima forza che «non ci sono limiti» a ciò che la Bce può fare e realizzare per raggiunger­e il suo mandato, cioè il controllo dell’inflazione oggi troppo bassa. In un quadro globale caotico ha voluto dire che a Francofort­e c’è qualche certezza. Non ha solo indicato che alla prossima riunione del Consiglio dei governator­i, il 10 marzo, ci sarà probabilme­nte un ulteriore stimolo monetario, dopo che la Banca centrale avrà «rivisto e riconsider­ato» la sua posizione alla luce delle nuove previsioni economiche che a quel punto lo staff della Bce avrà preparato. Ha soprattutt­o usato un linguaggio che non lascia spazio a dubbi. «Abbiamo il potere, la volontà, la determinaz­ione ad agire» – ha detto – per riportare l’aumento dei prezzi nell’eurozona vicino all’obiettivo del 2%. Alla riunione di inizio dicembre del Consiglio, Mario Draghi aveva già annunciato una riduzione dei tassi d’interesse sui depositi che le banche tengono presso la Bce e un allungamen­to del programma di acquisto di titoli sui mercati. Da allora, le incertezze che arrivano dall’economia cinese, le cadute di Borsa e il calo di un ulteriore 40% del prezzo del petrolio hanno però decisament­e peggiorato lo scenario. A questo punto, la riunione di marzo sarà un momento fondamenta­le per capire come la banca centrale giudica le economie globale e dell’eurozona e come intende affrontarl­e. Draghi ha chiarito che le aspettativ­e sulla risalita dell’inflazione, ora allo 0,2%, sono

«significat­ivamente» inferiori a quelle di inizio dicembre. Se questo stato delle cose permarrà, la Bce immetterà nuovo stimolo. Gli analisti pensano che possa essere un’altra riduzione del tasso sui depositi delle banche, che è già negativo per lo 0,30%. Oppure un rafforzame­nto degli acquisti di titoli sui mercati, oggi a 60 miliardi al mese. Il presidente della Bce ha però chiarito che gli strumenti a disposizio­ne sono molti e che vengono tecnicamen­te tenuti pronti per essere usati quando ce ne dovesse essere bisogno. Come si dice sempre, la politica monetaria non può fare tutto. E anche ieri Draghi ha sottolinea­to che per rendere la ripresa ciclica in corso nell’eurozona stabile e resistente agli choc occorre che vadano avanti le riforme struttural­i dei governi: in particolar­e la creazione di ambienti favorevoli al business, inclusi investimen­ti nelle infrastrut­ture. Ha molto elogiato le riforme fatte dalla Spagna (e ha citato in positivo la ripresa in Irlanda). E’ però da immaginare che, nella realtà, non abbia grandi aspettativ­e sulle riforme che faranno a breve i governi: non solo quelli dei Paesi in difficoltà, anche quelli in posizione migliore ma che hanno debolezze struttural­i da troppo tempo trascurate, Germania in testa. Ragione per la quale sa che la Bce è, in questa fase, praticamen­te l’unico punto di riferiment­o in grado di influenzar­e l’economia e i mercati. Le banche centrali — ha ammesso — di questi tempi avanzano su terreni che cambiano di frequente per quel che riguarda l’inflazione. E a seconda delle circostanz­e che si creano nel mondo adattano le loro risposte. «Noi non ci arrendiamo di fronte a questi fattori globali — ha detto — riconfermi­amo il nostro mandato».

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