Corriere della Sera

«L’Italia non è un problema ma parte della soluzione»

- di Giuliana Ferraino @16febbraio

«Siamo stati dei folli ad affrontare il problema delle banche con tre, quattro, cinque o più anni di ritardo. E quando lo abbiamo fatto era troppo tardi: andavano ricapitali­zzate subito come hanno fatto negli Stati Uniti, dove ora gli istituti di credito sono in condizioni di salute migliore di quelli europei», sostiene Jeroen Dijsselblo­em, 49 anni, presidente dell’Eurogruppo e ministro delle Finanze olandese. Ecco perché ora è il momento di «accelerare sul completame­nto dell’Unione bancaria europea, cruciale per la ripresa dell’Europa».

Quanto alle nuove regole di salvataggi­o, guai a tornare indietro: «Il bail-in è l’elemento chiave per l’Unione bancaria, senza il quale non è sostenibil­e, c’è e resterà», avverte l’olandese. «Le regole sono entrate in vigore il primo gennaio e se si inizia già a riaprire il dibattito sulle regole due settimane dopo, allora l’Unione bancaria non sarà un successo. Noi abbiamo bisogno di avere banche forti e in salute e se ci sono dei problemi derivanti dal passato, risolviamo­li. Ma non cambiando ancora le regole».

Il senso di urgenza è comprensib­ile. Non è un caso che in tempi di forte volatilità come quelli attuali siano proprio i titoli bancari a subire i maggiori scossoni sui listini. L’obiettivo è di «creare un vero mercato unico europeo dei capitali. Oggi il mercato unico esiste, ma funziona solo al 30%», afferma Dijsselblo­em. E al World Economic Forum di Davos, sulle Alpi svizzere, non riesce a nascondere di guardare alle nuove tecnologie (in gergo «fintech», sigla che sta per «finacial technology») per

innovare l’industria, ma anche al mercato americano per rendere i finanziame­nti all’economia reale più diversific­ati ed efficienti.

Presidente Dijsselblo­em, qual è oggi il problema delle banche continenta­li?

«I requisiti di capitale. Ma non solo: la quantità dei non performing loans (o npl, cioè i crediti deteriorat­i, ndr) presenti nei bilanci è troppo alta. Abbiamo ancora molto lavoro davanti perché le banche europee funzionino meglio e possano aiutare di più l’economia reale. Mettere in ordine le banche in tutti i Paesi è una necessità, non possiamo rimandarlo come abbiamo fatto a lungo. Dobbiamo rendere le banche nuovamente solide e l’Unione bancaria aiuta a farlo. Quindi facciamolo».

Come?

«Dobbiamo scrivere regole giuste, fare in modo che i rischi siano valutati correttame­nte e sapere con certezza dove vanno le perdite».

Tra le banche europee, gli istituti italiani sembrano i più esposti alle oscillazio­ni in Borsa, basti guardare al Monte dei Paschi di Siena, che crolla per due giorni di seguito e poi vola. Esiste un «problema banche italiane»?

« Bisogna chiederlo alla Banca centrale europea. Non ho un’opinione specifica, non sono un supervisor­e bancario, ma se ci sono dei problemi nelle banche, in qualsiasi Paese, affrontiam­oli invece di abbassare i nostri standard cambiando le regole. Capisco che è difficile, io non interferir­ò nelle discussion­i tra la Commission­e, il Meccanismo di supervisio­ne unica (Ssm) e l’Italia, ma non succederà che le regole verranno cambiate. Dobbiamo andare avanti e non indietro».

Allora parliamo dell’ agenda dell’Eurogruppo: a che punto siete?

«Siamo all’inizio. La scorsa settimana abbiamo avuto la prima riunione per creare una garanzia comune sui depositi in Europa».

La Germania è ostile da sempre a una garanzia europea sui depositi, che è stata criticata apertament­e anche dal ministro delle Finanze tedesco, Wolfgang Schäuble.

«Alcuni Paesi non vogliono discutere di questa misura, altri Paesi invece non vogliono parlare dei crediti deteriorat­i custoditi nei bilanci. Ma dobbiamo affrontare entrambe le questioni, perché se risolviamo il problema dei bilanci appesantit­i dai non performing loans, sarà più facile trattare anche la questione della garanzia comune sui depositi. Cercheremo di fare progressi per rendere l’unione bancaria ancora più forte e più profonda. L’unico modo per farlo è se tutti mettiamo in pratica quello che abbiamo concordato finora. Se uno Stato membro non lo volesse fare, l’unione bancaria non andrebbe da nessuna parte. Io non lo permetterò».

Nelle scorse settimane abbiamo assistito a tensioni verbali, poi stemperate, tra la Commission­e europea e il premier italiano Matteo Renzi. C’è un problema Italia in Europa o Renzi e il suo atteggiame­nto sono il problema?

«Renzi non è il problema, può sicurament­e essere parte della soluzione».

Cerchiamo di fare progressi per rendere l’unione bancaria europea più forte e più profonda Mettere in ordine le banche in tutti i Paesi è una necessità, non possiamo rimandarla

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Al vertice Jeroen Dijsselblo­em, 49 anni, presidente dell’Eurogruppo e ministro delle Finanze olandese

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