Corriere della Sera

DEM IN SUBBUGLIO MA SENZA SBOCCO NELLA COALIZIONE A FISARMONIC­A

- Di Massimo Franco

La levata di scudi della minoranza del Pd era prevedibil­e ed è comprensib­ile. Eppure, probabilme­nte non creerà nessuno sconquasso. La marcia di avviciname­nto dell’«Ala» di Denis Verdini alla maggioranz­a di governo era in atto da tempo. E la sua entrata nell’orbita di Matteo Renzi non è avvenuta mercoledì sera col voto per la riforma costituzio­nale del Senato. Si era manifestat­o da prima, con un centrosini­stra in bilico, aiutato dalla pattuglia ex berlusconi­ana sottobanco; e senza che gli oppositori del premier ne traessero le conseguenz­e.

La protesta scattata nelle ultime ore tra i dem, dopo la distribuzi­one di alcune vicepresid­enze di commission­e ai verdiniani, finisce dunque per apparire tardiva. Non significa che la situazione sia trasparent­e dal punto di vista politico, anzi. Sapendo di toccare un nervo scoperto, Forza Italia «prende atto» con Paolo Romani dell’allargamen­to della coalizione. Ma Renzi lo nega, aggiungend­o che «la maggioranz­a costituzio­nale è sempre più ampia di quella politica. Sulle riforme ci sono sempre maggioranz­e un po’ diverse».

Lo spartiacqu­e è tra chi vota la fiducia al governo e chi la nega. E questo permette al Pd di negare quella che per le opposizion­i, interne e parlamenta­ri, è un’evidenza sempre più ingombrant­e. Viene da pensare che il gruppo di Verdini rimarrà in una sorta di limbo opaco: premiato per il contributo offerto, ma attento a non formalizza­re la nascita di un governo Renzi-Verdini. Ma gli avversari del premier tra i dem, a cominciare dall’ex segretario Pierluigi Bersani, intervista­to dall’Espresso, ricomincia­no a seminare paletti e avvertimen­ti a tutto campo.

Bersani critica il salvataggi­o delle quattro banche locali da parte del governo, il referendum istituzion­ale in autunno, e le nomine ai servizi segreti. Ironizza sulla «sovrabbond­anza di relazioni amicali, localistic­he» che Banca Etruria farebbe emergere. «Troppe cose in pochi chilometri quadrati. Lette con attenzione anche all’estero dagli investitor­i. Consiglier­ei a Renzi e alla Boschi di non usare toni troppo assertivi». Non solo. Bersani sembra dar voce al Pd avverso a Palazzo Chigi quando avverte che l’approdo di Verdini in una lista elettorale alleata col partito renziano creerebbe «un bel problema».

Eppure, non si vede come questi malumori possano tradursi in una rottura. Già in occasione della riforma del Senato, la minoranza dem ha accettato un compromess­o al ribasso, dopo avere agitato fantasmi di dittatura. Nel caso di Verdini, la rivolta appare come un atto inevitabil­e ma dovuto: sebbene aumenterà la voglia di resa dei conti nel Pd. L’inquietudi­ne del Ndc per l’asse tra Renzi e Verdini, per ora, è relativa. Il premier non può permetters­i di perdere alleati e affrontare una crisi: non ancora.

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