L’Anm e i nodi della riforma: ai referendum vincono i «sì»
In sette mesi Rosa Capuozzo ha detto no tre volte: prima alla camorra, poi a Grillo e ora a chi ha cercato di lasciarla con il cerino in mano a prendersi da sola la responsabilità del disastro al Comune di Quarto.
Il no alla camorra lo disse quando l’allora consigliere del suo gruppo, Giovanni De Robbio, cercò di imporle con un ricatto l’affidamento dello stadio comunale a una famiglia legata ai clan. Forse non si rese conto bene a chi stava dicendo no, e sicuramente non andò a denunciare come avrebbe dovuto. Però il no lo disse. A Grillo ha detto no quando lui scrisse sul blog che doveva lasciare la carica di sindaco: ha preferito lasciare il Movimento 5 Stelle, che l’ha espulsa. Il terzo no lo ha detto ieri mattina. Ha convocato una conferenza stampa nell’aula del consiglio comunale e ha detto: «Mi dimetto dalla carica di sindaco. A Quarto la politica è stata sconfitta, ha vinto la camorra».
Rosa Capuozzo è una donna piccolina, è avvocato civilista e a fare il sindaco di Quarto ci è arrivata quasi per caso, perché il candidato prescelto si è tirato indietro all’ultimo momento. Quando il suo paese, l’unico in Campania amministrato dai 5 Stelle, è finito al centro di una vicenda giudiziaria in cui l’ex consigliere De Robbio (il più votato, con 900 preferenze) è indagato per tentata estorsione e voto di scambio aggravato e lei è parte lesa, i vertici del Movimento l’hanno mollata, e poi hanno cominciato a mollarla anche i consiglieri del suo gruppo. Alle prossime dimissioni — e già c’era un altro pronto ad andarsene — sarebbe saltata la maggioranza e quindi il consiglio. Così lei ha deciso di giocare d’anticipo: dimettersi e però anche raccontare che cosa è Anche se i risultati non sono definitivi, ai referendum consultivi indetti dall’Anm, dopo una raccolta di firme partita dalla base e a cui hanno contribuito i gruppi di Autonomia e Indipendenza e Magistratura Indipendente, su più problematiche legate alla riforma della responsabilità civile dei magistrati, si prefigura la vittoria dei sì. Il boom della partecipazione si è registrato sul quesito finalizzato a ottenere che il Csm fissi una misura massima di lavoro (i cosiddetti «carichi esigibili») che si può chiedere, indicandola in cifra secca: si sono espressi più di 4 mila magistrati (su 8.605 aventi diritto) e 3.354 hanno votato sì.