Dagli hotel alle rose
ono stato uno challenger, un uomo che ama i progetti». Dire sfidante non è abbastanza per monsieur Piaget, classe 1942, nato in una paese a 1.200 metri nel Giura svizzero, frequentatore del jet set, fotografato con Jacqueline Kennedy, Liza Minnelli («una grande amica»), Elizabeth Taylor («i media mi hanno pure “sposato” in più occasioni: con la first lady indonesiana, alcune vedette del cinema o con la principessa Soraya», racconta con ironia, «all’epoca sapevo di essere sotto i riflettori, ho fatto del mio meglio per non sovraespormi»), amico della banda di Sammy Davis e di Charles Aznavour, di «famiglia» con Alberto di Monaco. Il taglio della capigliatura bianca e le giacche alla coreana, di lino, merinos o velluto con risvolti a righe multicolori («ne ho fatte fare diverse da Brioni», risponde compiaciuto al complimento sullo stile), rigorose e fuori ordinanza anche nelle occasioni formali, rispecchiano lo spirito non convenzionale e l’attenzione al pregio della manifattura. «Molti chiamano quest’attenzione “eccellenza”, io preferisco il motto di mio bisnonno: fare meglio, più del necessario. Dovrebbe essere l’ambizione di tutti. E, sforzandomi di fare più bene del necessario, ho vissuto una vita incredibilmente ricca di incontri ed esperienze». Il lusso, in cui è cresciuto professionalmente, e la terra e le tradizioni, cioè la montagna e il rigore protestante, sono i mondi in cui ha vissuto la sua sfida da ingegnere e uomo di passioni che si mette in gioco con spirito imprenditoriale a ogni incontro interessante.
Yves G. Piaget si è occupato (vale a dire ha investito o ricoperto cariche presidenziali) di hotellerie, turismo e sistemi di risalita, di Formula 1, di elicotteri, di premi e competizioni ippiche, di allevamento della razza equina svizzera, di arte, di rose e roseti e pure di musica. «Ho prodotto un disco di Michel Leeb, un talento folle, la sua voce crooner interagiva perfettamente con la big band di Count Basie», racconta rispolverando le cene a Los Angeles dal discografico Eddie Barclay o dal comico-cantante-ballerino Sammy Davis, dove passavano Johnny Holliday, Bing Crosby, Quincy Jones. E non una sola impresa discografica. «Ho prodotto Anche Hugues Aufray: ha vinto un disco d’oro. Abbiamo molti punti in comune, dalla filosofia per la pace ai cavalli: a 80 anni cavalcava ancora».
Una vita come un opale sfaccettato di cristalli, ricco di contrasti, per usare un’immagine che ben s’accorda con la seconda laurea al Gemological Institute di Los Angeles, autorità mondiale nella classificazione e valutazione dei diamanti. Mentre diventava consigliere di Houohoet-Boigny, il primo presidente della Costa d’Avorio indipendente, o entrava nel consiglio d’amministrazione e poi socio con alcune branche della Tag (Techniques d’avant-guarde) di Akram Ojjeh (azionista e sponsor di MacLaren e Williams), monsieur Piaget ha lavorato sodo diventando l’incarnazione del marchio di orologeria fondato dal bis-bisnonno nel 1874.
«Volevo dare respiro internazionale al nome di famiglia, ma anche mostrare che dietro a quel brand c’erano uomini, artigiani, competenze diverse e raffinate. Ci sono riuscito, viaggiando per più di quarant’anni».