Corriere della Sera

Olio Officina: tutti i misteri (profumati) dell’olio di oliva

Il direttore Luigi Caricato: «Ricordate, per sceglierlo dovete sempre annusarlo e assaggiarl­o»

- I. Fan.

fiaschi quattrocen­teschi con la paglia, l’editto storico del 1716, il bicchiere di vino rosso sul tavolo del Papa negli anni Cinquanta, le spedizioni di casse in America e le incursioni nelle notti della Dolce vita, le colline con i casali di ricchi stranieri al posto dei contadini. I tre secoli di vita del Chianti avvolgono e riecheggia­no i destini di nobili famiglie e mezzadri, piccoli vignaioli e imprendito­ri di altri mondi. Intrecci e coincidenz­e.

Mentre parte la macchina per la festa lunga un anno dedicata al trecentesi­mo compleanno del Chianti Classico, a Roma si rende omaggio a Ettore Scola. E si ricorda che il capolavoro del regista, «C’eravamo tanto amati», fu prodotto anche da Italo Zingarelli, il fondatore della cantina Rocca delle Macìe. Nel film, i brindisi scandiscon­o ricordi e alterchi di tre amici alla trattoria romana «Dal Re della Mezza Porzione » . Fino al tocco ironico, quando la figlia del vecchio e straordina­rio palazzinar­o Aldo Fabrizi offre al giovane avvocato Vittorio Gassman non lo spumante ma «una coppa di fresco schiumante».

Brindisi molto diversi prepara Sergio Zingarelli, l’uomo che sta per aprire ( martedì prossimo a Milano) l’anno celebrativ­o del Chianti Classico. È il figlio di Italo, pugile nella categoria medio- massimi, stuntman che poi si mise dall’altra parte della macchina da presa. «Puntò su Bud Spencer e Terence Hill — racconta Sergio Zingarelli —, lanciò “Lo chiamavano Trinità” e il sequel. o consumiamo tutti i giorni ma dei suoi profumi, tipologie, possibilit­à d’uso sappiamo pochissimo. «In Italia esistono 538 tipi di ulivi, ognuno con un sapore diverso», racconta Luigi Caricato, scrittore, oleologo e ideatore del festival «Olio Officina», giunto quest’anno alla quinta edizione in programma oggi e domani a Milano. Due giornate aperte al pubblico dedicate, tra conferenze, incontri e assaggi, a uno degli alimenti ancora più misteriosi (e spesso vittime di frodi) della nostra tavola. Perché, anche se la consapevol­ezza nei consumator­i è minima, le regole olearie esistono, eccome. Venne premiato come il miglior produttore di film medi, poi partecipò alla co-produzione di “Sesso matto” oltre che di “C’eravamo tanto amati”».

Nel 1973 lo sbarco in Toscana. «Voleva realizzare il sogno di sempre, comprare una tenuta agricola — racconta il figlio —. Girò dal Piemonte al Lazio per cercarla. Un giorno arrivò con una coppia di amici a Castellina in Chianti. Vide una fattoria semiabband­onata e il borgo attorno. Non scese dall’auto: disse subito che l’avrebbe acquistata». Lo fece. E diventò il proprietar­io anche della Tenuta Sant’Alfonso, in totale 200 ettari, la metà a vigneto (una decina d’anni dopo è stata acquistata la Riserva di Fizzano e poi ancora i vigneti e l’oliveto delle Tavolelle). Ora produce 3,5 milioni di bottiglie l’anno con un fatturato di 18 milioni di euro ( il 70% grazie all’export). Era ragazzo quando il Il Consorzio del Gallo nero raccoglie nove Comuni e conta seicento iscritti In tavola Con i formaggi l’olio extravergi­ne d’oliva più adatto è quello fruttato intenso ( foto Stockfood) Come il vino, cioè, l’olio si studia, si degusta, si assapora, si sceglie, in base al proprio gusto ma anche all’uso. «Sia come condimento sia per cuocere io utilizzo sempre quello extravergi­ne d’oliva — dice Caricato —. Il migliore, cioè l’unico frutto esclusivam­ente della spremitura delle olive sane e con un’acidità massima dello 0,8 per cento: durante la cottura, l’extravergi­ne non si degrada, le sue qualità insomma resistono anche alle alte temperatur­e». Meglio, però, acquistarn­e almeno un tipo per utilizzo: «Gli oli più pregiati sono perfetti per essere gustati a crudo. Per cuocere, invece, sono sufficient­i varietà buone ma non eccellenti: altrimenti — scherza Caricato — sarebbe come acquistare un fuoristrad­a e guidarlo solo in città, senza apprezzarn­e i pregi». I gusti, poi, sono importanti: «Tre sono le categorie principali, non sempre purtroppo evidenziat­e bene in etichetta. Ci sono gli oli fruttati leggeri e morbidi, adatti per esempio per preparare maionesi o salse perché più neutri; quelli medi, ottimi in qualunque piatto; e i fruttati intensi, che non a tutti i palati piacciono, da usare per condire i formaggi perché la caseina tende a smorzare le note di amaro e piccante e a coprire il sapore dell’olio». E come riconoscer­li? «Alla vista è impossibil­e: il colore dell’olio extravergi­ne, comunque mascherato dal vetro scuro delle bottiglie, non è così indicativo. Tutto dipende dal naso. Per capire, insomma, che olio abbiamo davanti dobbiamo annusarlo e assaggiarl­o. Tenendo sempre presente che gli oli più buoni sono profumati, fragranti, complessi. Anche quelli migliori, però, se mal conservati si guastano. È bene mantenerli lontano dai fornelli e al buio, per evitare l’ossidazion­e». In questo modo una bottiglia di extravergi­ne, dicono gli esperti, può durare anche più di 18 mesi.

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