Corriere della Sera

Whisky scozzese e poesia per brindare a Robert Burns

- Di Marco Cremonesi Isabella Fantigross­i

Care’s Lo chef Norbert Niederkofl­er, ideatore della manifestaz­ione dedicata alla cucina etica. Sopra un piatto dello sloveno Tomaz Kavcic

anno in television­e, sono interpella­ti ormai su qualunque argomento, talvolta qualcuno comincia a disertare la cucina. E ora c’è chi si è messo in testa di cambiare il mondo a partire dalla tavola. Ci mancavano gli chef, penserà qualcuno. Nessuna provocazio­ne di uno sparuto gruppo di amici visionari con la toque. Norbert Niederkofl­er, due stelle Michelin al «St.Hubertus» di San Cassiano, il cuoco che insieme all’amico e collega Giancarlo Morelli del «Pomiroeu» di Seregno si è inventato la manifestaz­ione «Care’s — The ethical chef days», non ha dubbi. «È proprio da lì, dalla vita di tutti i giorni, fatta anche di quello che cuciniamo e mangiamo, che bisogna partire per salvare il pianeta». Cucina etica, la direzione è quella. Basti pensare che, come ha raccontato nei giorni scorsi il Financial Times, oggi si discute tanto del menu degustazio­ne, sempre più presente nei ristoranti al posto del classico menu alla carta. Il motivo? È l’unico modo per limitare gli sprechi: il cuoco sa fin dall’inizio cosa deve cucinare, il cliente mangia tutti i piatti previsti.

E allora, con visioni diverse, ognuno con la sua ricetta, sono una trentina i cuochi che nei giorni scorsi si sono riuniti in val Badia per l’edizione zero — quella organizzat­a per raccoglier­e le prime idee — dell’evento sorto dalle ceneri della «Chef’s Cup». La rotta la traccia Niederkofl­er: «Cinque anni fa è nato mio figlio. In quel momento ho capito che alle nuove generazion­i dobbiamo lasciare un mondo migliore». In cucina solo prodotti di stagione («lo sapete che la carne estiva ha un sapore diverso da quella invernale, più equilibrat­a?») e locali. «Il mio ristorante è diventato famoso per il pesce di mare e il fegato grasso ma da anni ho eliminato entrambi. Molti hanno protestato ma ho guadagnato clienti nuovi». E se Massimo Bottura nei prossimi mesi aprirà spazi simili al Refettorio Ambrosiano a Torino, New York e nelle favelas di Rio, il veneto Luca Fantin del Bulgari di Tokyo, che ha cominciato importando tutta la materia prima dall’Italia, oggi coltiva in Giappone radicchio rosso, come quello di Treviso. Dalla Francia Arm a n d A r n a l d e « L a Chassagnet­te» di Arles ha abbandonat­o da tempo caviale, foie gras e aragoste: «E il pane lo faccio solo con la farina di riso della Camargue». Dalla Russia, invece, lo chef Vladimir Mukhin: «Con l’embargo siamo costretti a scoprire prodotti locali che avevamo dimenticat­o». Uno su tutti (con molti in sala pronti a sobbalzare)? «La carne di cigno». E se il giovane Harald Gasser, l’agricoltor­e altoatesin­o vincitore del premio per la responsabi­lità sociale assegnato da «Care’s» insieme alla Pasticceri­a Marchesi, coltiva 400 specie di verdure rare per salvaguard­arle dall’estinzione, lo chef Davide Scabin guarda oltre: «L’orto in casa è una scelta romantica. È ora di discutere di inquinamen­to, pannelli solari, cucine geotermich­e e auto elettriche. Altrimenti ci riduciamo con le carote a km zero ricoperte di polveri sottili». Chi tirerà le somme? Nel frattempo l’evento diventerà itinerante, con cadenza semestrale». Prossimo appuntamen­to in estate. In attesa di concretizz­are l’idea lanciata da qualcuno di trasformar­e il simbolo di Care’s nel bollino per i ristoranti amici, quelli etici.

@isafantigr­ossi

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