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Care’s Lo chef Norbert Niederkofler, ideatore della manifestazione dedicata alla cucina etica. Sopra un piatto dello sloveno Tomaz Kavcic
anno in televisione, sono interpellati ormai su qualunque argomento, talvolta qualcuno comincia a disertare la cucina. E ora c’è chi si è messo in testa di cambiare il mondo a partire dalla tavola. Ci mancavano gli chef, penserà qualcuno. Nessuna provocazione di uno sparuto gruppo di amici visionari con la toque. Norbert Niederkofler, due stelle Michelin al «St.Hubertus» di San Cassiano, il cuoco che insieme all’amico e collega Giancarlo Morelli del «Pomiroeu» di Seregno si è inventato la manifestazione «Care’s — The ethical chef days», non ha dubbi. «È proprio da lì, dalla vita di tutti i giorni, fatta anche di quello che cuciniamo e mangiamo, che bisogna partire per salvare il pianeta». Cucina etica, la direzione è quella. Basti pensare che, come ha raccontato nei giorni scorsi il Financial Times, oggi si discute tanto del menu degustazione, sempre più presente nei ristoranti al posto del classico menu alla carta. Il motivo? È l’unico modo per limitare gli sprechi: il cuoco sa fin dall’inizio cosa deve cucinare, il cliente mangia tutti i piatti previsti.
E allora, con visioni diverse, ognuno con la sua ricetta, sono una trentina i cuochi che nei giorni scorsi si sono riuniti in val Badia per l’edizione zero — quella organizzata per raccogliere le prime idee — dell’evento sorto dalle ceneri della «Chef’s Cup». La rotta la traccia Niederkofler: «Cinque anni fa è nato mio figlio. In quel momento ho capito che alle nuove generazioni dobbiamo lasciare un mondo migliore». In cucina solo prodotti di stagione («lo sapete che la carne estiva ha un sapore diverso da quella invernale, più equilibrata?») e locali. «Il mio ristorante è diventato famoso per il pesce di mare e il fegato grasso ma da anni ho eliminato entrambi. Molti hanno protestato ma ho guadagnato clienti nuovi». E se Massimo Bottura nei prossimi mesi aprirà spazi simili al Refettorio Ambrosiano a Torino, New York e nelle favelas di Rio, il veneto Luca Fantin del Bulgari di Tokyo, che ha cominciato importando tutta la materia prima dall’Italia, oggi coltiva in Giappone radicchio rosso, come quello di Treviso. Dalla Francia Arm a n d A r n a l d e « L a Chassagnette» di Arles ha abbandonato da tempo caviale, foie gras e aragoste: «E il pane lo faccio solo con la farina di riso della Camargue». Dalla Russia, invece, lo chef Vladimir Mukhin: «Con l’embargo siamo costretti a scoprire prodotti locali che avevamo dimenticato». Uno su tutti (con molti in sala pronti a sobbalzare)? «La carne di cigno». E se il giovane Harald Gasser, l’agricoltore altoatesino vincitore del premio per la responsabilità sociale assegnato da «Care’s» insieme alla Pasticceria Marchesi, coltiva 400 specie di verdure rare per salvaguardarle dall’estinzione, lo chef Davide Scabin guarda oltre: «L’orto in casa è una scelta romantica. È ora di discutere di inquinamento, pannelli solari, cucine geotermiche e auto elettriche. Altrimenti ci riduciamo con le carote a km zero ricoperte di polveri sottili». Chi tirerà le somme? Nel frattempo l’evento diventerà itinerante, con cadenza semestrale». Prossimo appuntamento in estate. In attesa di concretizzare l’idea lanciata da qualcuno di trasformare il simbolo di Care’s nel bollino per i ristoranti amici, quelli etici.
@isafantigrossi