Delrio e la sfida dei porti: «Così diventeranno europei»
Il ministro spiega la riforma: «Dimezzeremo i tempi per le pratiche»
Una sfida in tre mosse: far ripartire gli investimenti, maggior coordinamento e velocizzazione delle procedure. Così il ministro delle Infrastrutture Graziano Delrio conta di cogliere l’opportunità — decisiva per un Paese che si distende nel Mediterraneo — del raddoppio del Canale di Suez. La riforma della portualità approvata dal Consiglio dei ministri prevede la trasformazione delle vecchie Autorità portuali in Autorità di sistema, con un «taglio» da 24 a 15: restano — da ovest a est — Genova, La Spezia, Livorno, Civitavecchia, Cagliari, Napoli, Palermo, Augusta, Gioia Tauro, Taranto, Bari, Ancona, Ravenna, Venezia e Trieste; vengono accorpate Savona, Carrara, Piombino, Salerno, Olbia, Messina, Catania, Brindisi e Manfredonia. Le nuove Autorità saranno governate da un presidente e un board ristretto: si passerà, così, dagli attuali 336 membri dei Comitati portuali a circa 70, con il «taglio» di circa 270 poltrone.
Ministro, come spiega in una frase il passaggio dalle Autorità portuali alle Autorità di sistema portuale?
«Prima la gestione era scoordinata, da oggi sarà coordinata».
Un esempio?
«Con l’Autorità dello Stretto si coordineranno tra loro i porti di Gioia Tauro e Messina. E questo è molto importante perché permetterà di differenziare l’offerta: si potranno offrire contemporaneamente servizi per il trasporto container e per il traffico passeggeri. Lo stesso dicasi in Liguria con Savona che va con Genova».
Le Autorità accorpate, però, lamentano di aver perso la loro centralità. A Brindisi e a Salerno monta la protesta.
«Non è vero, nessuno perde la centralità. Ma per i grandi armatori è meglio che Savona e Genova programmino insieme le infrastrutture dando vita a un grande porto internazionale che porterà le merci nel Sud Europa e nel nostro Nord -Est, che non trattare con un porto singolo. Poi tutte le pratiche amministrative minori continuano a essere gestite a livello locale. È la programmazione che passa al livello superiore. Occorre imparare a cooperare. Per questo ci sarà anche una più stretta relazione con il ministero, in particolare per il Piano regolatore di sistema portuale e i programmi infrastrutturali nazionali o comunitari».
E per il «taglio» delle poltrone nessuna protesta?
«No, abbiamo avuto un consenso pressoché totale della filiera degli operatori. Perché prima ancora di ridurre le poltrone taglieremo i tempi burocratici della pratiche».
Come?
« Rispetto agli attuali 113 procedimenti amministrativi, svolti da 23 soggetti, funzioneranno due sportelli unici: quello Doganale e quello Amministrativo unico per tutti i procedimenti che non riguardano le attività commerciali e industriali. Dimezzeremo, così, i tempi di sdoganamento dalla media attuale di 6 giorni a 3, in linea con l’Europa».
La vera concorrenza ai porti italiani, in ottica Canale di Suez, arriva però dal Nord Africa e dal Pireo. Come recuperare lo svantaggio accumulato se l’hub di Gioia Tauro non ha un retroporto all’altezza e se da Taranto Evergreen è andata via?
«L’Italia perde ogni anno 30-40 miliardi per l’inefficienza logistica. Se il porto di Taranto non è mai decollato è perché da 15 anni non si facevano investimenti: li abbiamo fatti solo negli ultimi 12 mesi. Questa è la strada da seguire. Per tali motivi la riforma prevede la semplificazione delle procedure per i dragaggi, di cui ha bisogno Napoli. Quanto a Gioia Tauro, l’obiettivo è fare in modo che in due anni le merci che sbarcano nel porto calabrese possano prendere la via adriatica in treno. Ferro e acqua, questa è la cura per l’Italia».
Con meno Autorità anche meno poltrone: da 336 diventano circa 70
Rispetto agli attuali 113 passaggi ci saranno solo due sportelli unici