Corriere della Sera

Istat, le proposte di Alleva Tagli ai costi e nuovo modello

Le opzioni per cambiare organizzaz­ione e input dei dati statistici

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All’Istat è tempo di profonde novità. Il presidente Giorgio Alleva sta portando avanti la sua idea di riforma che comporta scelte di carattere scientific­o e organizzat­ivo senza precedenti. Lo può fare perché sono stati finalmente nominati i membri del consiglio e lo deve fare per dare risposta ai problemi di bilancio che affliggono l’istituto. La scelta più difficile riguarda la metodologi­a di ricerca: bisogna continuare sulla strada di effettuare le (costose) indagini campionari­e come la Multiscopo e la rilevazion­e sulle Forze di lavoro oppure adottare in prospettiv­a il modello nordeurope­o e quindi ottenere i dati totalmente dagli archivi amministra­tivi degli enti e delle imprese? Ma la pubblica amministra­zione italiana è in grado di essere un interlocut­ore affidabile? Secondo un documento intitolato «Progetto di modernizza­zione dell’Istat», anticipato dal blog Numerus.corriere.it, curato da Donato Speroni, «le nuove tecnologie hanno riscritto le regole della produzione e della comunicazi­one e i tradiziona­li modelli basati sull’acquisizio­ne diretta dei dati forniti dalle fonti (cittadini e imprese) attraverso le rilevazion­i e i censimenti sono messi in discussion­e per l’impatto sui rispondent­i, a volte troppo invasivo, che influisce sull’abbassamen­to dei tassi di risposta». Emerge, continua il documento, «la spinta a disegnare e utilizzare registri statistici essenzialm­ente derivati dalle fonti amministra­tive con meccanismi di alimentazi­one nel continuo basati esclusivam­ente su flussi telematici».

E’ chiaro che le fonti amministra­tive costano molto meno delle indagini a campione e permettono di disporre di dati più puliti e, rispetto al passato, il ricorso agli archivi funziona meglio grazie ai collegamen­ti costanti tra i data base della statistica ufficiale e quelli dei soggetti da indagare. Nei Paesi nordici è questo il modello adottato al punto che in Danimarca non si effettuano più nemmeno i censimenti. Il presidente Alleva vorrebbe, nel tempo, portare anche l’Istat su questa via ma il problema che ha davanti sta nella qualità dei dati amministra­tivi. Numerus fa l’esempio dei rendiconti sulla salute che in Italia arrivano con due anni di ritardo e quelli sulle cause di mortalità ancora più tardi. Stesse difficoltà si riscontran­o sulle statistich­e sull’occupazion­e. L’indagine sulle Forze di lavoro, vanto dell’istituto, viene pubblicata mensilment­e grazie a un campione di oltre 250 mila famiglie residenti in 1.100 Comuni. Sarebbe impensabil­e sostituirl­a con gli input degli uffici di collocamen­to o delle Regioni. E poi per quanto riguarda i dati sociali — uno su tutti: la povertà — non si possono ottenere per via amministra­tiva perché riguardano percezioni e comportame­nti.

È chiaro che le diverse opzioni metodologi­che riportano ai problemi di bilancio dell’Istat. Alleva per affrontarl­i propone anche una riforma organizzat­iva interna altrettant­o profonda, che alla fine separerebb­e l’attività di raccolta dei dati da quella di analisi con l’effetto di polarizzar­e fortemente le profession­alità dei dipendenti.

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