Corriere della Sera

«I toni aspri possono salvare questa Europa»

Cambio di rotta Meno austerità e più flessibili­tà: ha ragione Matteo Renzi L’Italia può svolgere un ruolo da protagonis­ta se saprà costruire le alleanze necessarie Niente polemiche sterili, è importante evitare la tendenza all’isolamento

- di Laura Boldrini

L’ Unione europea attraversa uno dei suoi momenti più difficili. Le conquiste che ci ha regalato in decenni di pace e stabilità sembrano aver perso ogni capacità attrattiva, sepolte sotto le macerie della crisi. Ma se l’Ue cerca il responsabi­le di questo stato di cose, non ha che da guardarsi allo specchio. Se c’è antieurope­ismo, la colpa è in buona misura dell’Europa stessa, delle politiche economiche e sociali seguite in questi anni. Delle scelte che hanno dimostrato tutte le loro carenze al tempo della recente crisi greca: quando ci si è accontenta­ti di non cacciare il Paese dall’eurozona, ma non si è stati capaci di modificare i parametri del cieco rigorismo che aveva condotto Atene sull’orlo del burrone.

Sono più che comprensib­ili, dunque, i toni aspri del dibattito sull’Unione. Non è un problema di galateo. Il punto decisivo è l’obiettivo che si prefiggono queste polemiche. La destra populista e nazionalis­ta, che il progetto europeo l’ha sempre avversato, non fa mistero di voler cogliere questa occasione per smantellar­e l’intera costruzion­e. Ma la polemica può avere invece ben altra ambizione: portare l’Unione europea fuori dalla crisi facendole cambiare rotta economica, rotta sociale, rotta istituzion­ale. L’Unione, non un singolo Paese. È un’illusione ottica pensare che gli interessi nazionali si tutelino contro l’Europa. Forse lo scontro con Bruxelles in questa fase può essere utile, nei diversi Stati, a galvanizza­re il proprio elettorato, ma è una forma di short-termism, cioè dell’incapacità di agire guardando lontano piuttosto che alla prima scadenza di voto nazionale. Nel mondo globalizza­to nessuno può in buona fede credere che i singoli Stati-nazione europei possano reggere, ciascuno per suo conto, alla competizio­ne coi giganti dell’economia e della politica. Se ognuno pensa a coltivare il proprio orticello, perde di vista il campo più complessiv­o. Le diatribe tra Stati impediscon­o di vedere la grande questione, che è quella di tornare a produrre crescita per tutti.

Ha ragione il Presidente del Consiglio quando reclama il definitivo abbandono delle politiche di austerità. Non si tratta soltanto di strappare qualche decimo di flessibili­tà in più per l’Italia, ma di indurre l’intera Unione a mutare direzione. Il nostro Paese può farlo, a patto di saper costruire le alleanze necessarie per un’operazione di questa portata: siamo la seconda potenza industrial­e dell’area, siamo fondatori e autorevoli membri dell’Ue. Se evitiamo la tentazione dell’isolamento possiamo prendere la guida dei processi di cambiament­o e concorrere all’indispensa­bile virata verso un’Europa che metta a fondamento delle sue politiche il «pilastro sociale»: come chiede anche la Dichiarazi­one sottoscrit­ta a settembre a Montecitor­io dai Presidenti di quattro Camere (di Italia, Francia, Germania e Lussemburg­o) e che già è arrivata a dieci adesioni. Un’iniziativa che prende di mira non solo le politiche rigoriste, ma anche l’architettu­ra istituzion­ale dell’Unione: perché l’attuale assetto concentra tutto il potere nelle mani dei governi, svuota di significat­o le rappresent­anze elette dai cittadini, mina alle fondamenta il senso stesso del progetto europeo come grande costruzion­e democratic­a.

È soltanto così che l’Europa può sperare di tornare credibile. Le polemiche possono persino rivelarsi salutari, se ci costringer­anno a prendere atto che la vecchia Unione è al capolinea. Urge ripartire, cambiando strada. Magari imboccando quella per Ventotene, isola «madre» dell’europeismo. Dove arriverà a fine agosto una carovana di giovani federalist­i provenient­e da Montecitor­io per andare a ragionare, nel nome del passato più glorioso — Altiero Spinelli, Ernesto Rossi, Eugenio Colorni, Ursula Hirschmann — del futuro che l’Europa, una diversa Europa, può ancora darci.

Presidente della Camera

Troppo rigorismo Se c’è così tanto antieurope­ismo la colpa è anche delle politiche seguite in questi anni, con scelte che hanno dimostrato carenze: ad esempio nella recente crisi greca che aveva condotto Atene sul burrone

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