Corriere della Sera

«Non facciamo le belle statuine d’Europa»

Renzi alla direzione del Pd: si può rinunciare all’egoismo, però l’interesse nazionale va difeso E sulla lite con Juncker: io talvolta un po’ brutale nella sintesi, ma non siamo i Pierini della Ue

- Alessandro Trocino

«Non siamo i Pierini dell’Europa». Matteo Renzi affronta la direzione del Pd parlando a lungo d’Europa. Sullo sfondo, e negli interventi di molti, ci sono le tensioni legate al varo della legge sulle unioni civili, i mugugni della minoranza sul ruolo di Verdini e il referendum sulle riforme costituzio­nali.

Ma Renzi affronta la direzione forte anche di qualche sondaggio riservato, arrivato a Palazzo Chigi. Secondo gli ultimi dati Ipsos, il Pd sarebbe al 31,9 (era al 31,1 il 17 dicembre), mentre il M5s sarebbe in calo dal 29,2 al 26,5. Secondo i dati Swg, il Pd andrebbe ancora meglio: 33,8 per cento, contro il 32,9, mentre il M5S sarebbe al 23,1 (contro il 25.1 del 17 dicembre).

Su referendum, il segretario del Pd è netto: «Non posso pensare di perdere il referendum e dire «scusate è un equivoco». La sconfitta segnerebbe non solo il governo ma la mia stessa credibilit­à. Questo non è un tentativo di plebiscito da

parte mia, ma etica della responsabi­lità». È sull’Europa che Renzi ribadisce la linea all’offensiva: «Le regole devono valere per tutti, noi sosteniamo gli ideali europei: serve un’Europa più sociale e meno legata all’austerity». Renzi ammette di essere stato «talvolta un po’ brutale» nella «sintesi» — riecheggia­ndo anche le critiche espresse sul Corriere della Sera da Alberto Alesina — ma la discussion­e «non può vertere solo su uno 0 virgola in più o in meno sul deficit 2017 o sulle parole di qualche leader permaloso che si offende». Riferiment­o al presidente della Commission­e Jean Claude Juncker. «Guai a fare le belle statuine — prosegue Renzi — anche perché gli altri non lo fanno. Si può rinunciare all’egoismo, ma l’interesse nazionale va difeso». Quanto alla linea di opposizion­e all’austerity, Renzi sottolinea un dato non irrilevant­e: «Tutti i Paesi che hanno condiviso la linea politica di Bruxelles, hanno visto una sconfitta alle elezioni. È successo alla Danimarca, alla Polonia, alla Grecia, al Portogallo e anche alla Spagna». La vittoria di Le Pen in Francia e delle formazioni più xenofobe nei Paesi a Nord, non è dovuta, spiega, «alla paura del terrorismo». È data, invece, «dalla mancanza di crescita, dalla disoccupaz­ione e dalla crisi sociale». Poi un passaggio su Schengen che, come aveva anticipato nella riunione precedente con i 29 europarlam­entari del Pd, «non può essere messo in discussion­e».

Poi qualche riflession­e più domestica. La legge sulle unioni, «irrinviabi­le», e le amministra­tive: «Non vogliamo politicizz­are il voto, come fa la sinistra a Torino. A Milano si lavora perché le primarie siano una cosa bella. A Roma, certo, è difficile, dopo tutto quello che è successo, ma ce la faremo». E infine il referendum, sul quale si concede una battuta: «Sarà la prima volta che Berlusconi e Magistratu­ra democratic­a staranno

«No al voto politicizz­ato nei comuni, a Roma è dura ma si può vincere Il referendum? Berlusconi schierato con Magistratu­ra democratic­a»

dalla stessa parte. Roba da comprare i popcorn. Il fronte della conservazi­one unito».

«Battuta carina», chiosa poi il leader della minoranza Gianni Cuperlo, che però non gradisce: «Non ci sono solo incalliti conservato­ri, il premier dovrebbe unire non dividere». Anche per questo ribadisce la necessità di separare quel ruolo da quello del segretario del partito: «Sei in grado di farlo Matteo? La giornata ha solo 24 ore. Se sì, fallo davvero. Perché un partito va guidato, strutturat­o, organizzat­o, anche per evitare che si creino situazioni di notabilato. In questo momento nel Pd alle minoranze non è garantita una vera agibilità politica. Avevo proposto un congresso tematico: se la strada non è quella, troviamone un’altra ma lasciare le cose come stanno ora è un errore e una rimozione».

La vittoria delle destre Secondo il leader dem, il successo di Le Pen e dei partiti xenofobi al Nord «non è dovuto al terrorismo ma alla mancanza di crescita»

Amministra­tive e referendum

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