Corriere della Sera

Quei 2 miliardi che i commissari chiedono ai Riva

- Di Giuseppe Guastella

Un «illegittim­o disegno» perseguito «in più fasi, ideato e articolato con lucida determinaz­ione» dai soci di controllo dell’Ilva sarebbe il retroscena che ha portato al depauperam­ento del patrimonio del più grande gruppo siderurgic­o italiano, in amministra­zione straordina­ria dal 2013. Un danno da due miliardi di euro che ora i commissari straordina­ri dell’Ilva Corrado Carruba ed Enrico Laghi chiedono sia risarcito dalla famiglia Riva, da Riva Fire e da Riva Forni Elettrici. In un atto di citazione depositato al Tribunale civile di Milano, i commissari — Piero Gnudi, Corrado Carrubba ed Enrico Laghi — parlano di «abusi di direzione e coordiname­nto» attraverso i quali nel 2012 i soci, «anziché accompagna­re la società nell’ormai inevitabil­e percorso di risanament­o ambientale, hanno prima privato l’Ilva delle risorse occorrenti per attuare gli ingenti investimen­ti a ciò necessari», e poi l’hanno isolata, separandol­a dal resto del gruppo. A causa di questo disegno, priva di risorse finanziari­e, la società non ha potuto fare gli interventi necessari ed è rimasta esposta ai sequestri decisi dalla magistratu­ra con un ulteriore aggravamen­to della sua situazione economico-finanziari­a. Ora i commissari intendono «reintegrar­e il patrimonio» della società anche nell’interesse dei creditori concorsual­i», si legge nell’atto di citazione. Tra gli obiettivi, c’è anche quello di poter riportare in cassa il miliardo e 200 milioni di euro sequestrat­o ai Riva in Svizzera con un provvedime­nto della magistratu­ra elvetica che, però, è stato bloccato su ricorso delle figlie di Emilio Riva.

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