Quei 2 miliardi che i commissari chiedono ai Riva
Un «illegittimo disegno» perseguito «in più fasi, ideato e articolato con lucida determinazione» dai soci di controllo dell’Ilva sarebbe il retroscena che ha portato al depauperamento del patrimonio del più grande gruppo siderurgico italiano, in amministrazione straordinaria dal 2013. Un danno da due miliardi di euro che ora i commissari straordinari dell’Ilva Corrado Carruba ed Enrico Laghi chiedono sia risarcito dalla famiglia Riva, da Riva Fire e da Riva Forni Elettrici. In un atto di citazione depositato al Tribunale civile di Milano, i commissari — Piero Gnudi, Corrado Carrubba ed Enrico Laghi — parlano di «abusi di direzione e coordinamento» attraverso i quali nel 2012 i soci, «anziché accompagnare la società nell’ormai inevitabile percorso di risanamento ambientale, hanno prima privato l’Ilva delle risorse occorrenti per attuare gli ingenti investimenti a ciò necessari», e poi l’hanno isolata, separandola dal resto del gruppo. A causa di questo disegno, priva di risorse finanziarie, la società non ha potuto fare gli interventi necessari ed è rimasta esposta ai sequestri decisi dalla magistratura con un ulteriore aggravamento della sua situazione economico-finanziaria. Ora i commissari intendono «reintegrare il patrimonio» della società anche nell’interesse dei creditori concorsuali», si legge nell’atto di citazione. Tra gli obiettivi, c’è anche quello di poter riportare in cassa il miliardo e 200 milioni di euro sequestrato ai Riva in Svizzera con un provvedimento della magistratura elvetica che, però, è stato bloccato su ricorso delle figlie di Emilio Riva.