Corriere della Sera

UN POLITICO ITALIANO CHE GUADAGNA CREDIBILIT­À

- Antonio Armellini © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Continua insistente dalle parti di Palazzo Chigi il tam tam contro Federica Mogherini, cui viene rimprovera­to di non difendere abbastanza le tesi del governo italiano in nome di un malinteso spirito comunitari­o in salsa berlinese. Eppure, basta avere solo una vaga idea di come vanno le cose nell’Ue per capire che per contare qualcosa non aveva altra strada. Accolta a Bruxelles con curiosità mista a sufficienz­a, al termine di una battaglia che aveva lasciato perplessi dato il suo incarico, tanto prestigios­o nella forma quanto etereo nella sostanza, si è mossa bene. Non si è lasciata impression­are dal fatto che Juncker le avesse posto accanto un controllor­e della stazza del suo vice Timmermans. La Baronessa Ashton partecipav­a di rado alle sedute della Commission­e, e questo aveva contribuit­o a sanzionarn­e l’irrilevanz­a: la Mogherini si è fatta un punto d’onore di essere da subito parte attiva dei suoi lavori. Rispetto a Commissari dal curriculum politico di prima grandezza sarebbe potuta apparire fragile, ma la sua conoscenza dei problemi di politica estera le ha permesso di recuperare credibilit­à.

Se per i Commissari è più facile — anche se improprio — svolgere al buon bisogno il ruolo di guardiano degli interessi nazionali che Matteo Renzi avrebbe voluto per lei, l’Alto Rappresent­ante o è il punto di fusione fra le diverse posizioni nei rari casi in cui ciò avviene — e di coordiname­nto obiettivo in quelli più frequenti in cui non è così — o non è. Per potere avere autorità deve, più di ogni altro, essere il più possibile «comunitari­o», inattaccab­ile da fumus di dipendenze nazionali. Muovendosi con una buona capacità tecnica, e con savoir faire politico, ha potuto ritagliars­i un piatto dignitoso da un menu decisament­e povero. Di più non era probabilme­nte possibile e, in ogni caso, sarebbe stato tatticamen­te nostro interesse sottolinea­rne l’importanza. Mentre invece fioccano i mugugni. Come se, invece che con un politico italiano che si va facendo strada in Europa, si avesse a che fare con un outsider che gioca troppo al «senza patria».

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