«Telecom, soci stabili per crescere Le imprese italiane? Troppo piccole»
Recchi: Vivendi vuole costruire in Europa un polo di contenuti importante
«Quest’anno l’Italia a Davos non è al centro dell’attenzione come invece era successo nel 2012 » . Giuseppe Recchi, presidente di Telecom Italia/Tim, e’ un veterano del World economic forum, evento che calamita tra le nevi svizzere manager, banchieri, investitori, politici e leader in generale da tutto il mondo. «Non siamo più uno Stato sotto monitoraggio», spiega Recchi, riferendosi all’attenzione preoccupata del «popolo di Davos» quattro anni fa.
Eppure in Italia restano molti grandi problemi, con il lavoro, la produzione e il credito ancora ben lontani dai livelli precisi.
«Ma i segnali di ripresa sono tanti. Primo fra tutti, e ne siamo testimoni diretti, la diffusione sempre più ampia e capillare delle connessioni, sia in fibra che mobili, che porta a un sempre maggiore utilizzo di dati. Molte altre aziende in settori diversi hanno segnali nella stessa direzione. Cosa che è poi confermata dai discorsi che si scambiano qui a Davos, a livello italiano e internazionale».
Al World economic forum partecipano però soprattutto grandi imprese: rappresentano una parte fondamentale della nostra economia, ma ci sono anche le realtà più piccole. Come è per loro la situazione?
« Molte piccole e medie aziende, soprattutto se forti nell’export, stanno superando la crisi, anche con risultati più che soddisfacenti. Ma restano i nodi tipici di chi fa impresa senza i numeri di una grande azienda. Troppa burocrazia. Guidare un’azienda in Italia, soprattutto se sei un piccolo imprenditore, è un mestiere che ha dell’eroico. Le grandi aziende hanno le spalle abbastanza larghe per gestire i tanti nodi della burocrazia, ma i piccoli, anche solo per il ritardo nei pagamenti della pubblica amministrazione o una mancata autorizzazione, possono andare verso il fallimento. Oggi come oggi, piccolo non è necessariamente bello».
Come si può risolvere il problema?
« E’ necessario cambiare impostazione: sento tanto parlar di redistribuzione della ricchezza, ma l’accento va messo sulla sua creazione. Bisogna recuperare la capacità di credere che fare impresa, crescere e avere successo su scala globale e’ possibile, e non rassegnarsi ad andare avanti sulle rendite di posizione. Un Paese deve adeguare il suo sistema di regole a questa necessità. La competizione ormai non è più solo tra imprese, ma soprattutto tra nazioni. E pure tanti Stati dell’Est Europa oggi crescono e diventano più efficienti, mentre in Italia il Pil e il potere d’acquisto sono ampiamente sotto i valori pre crisi».
Ma le tanto citate riforme da sole possono bastare?
«C’è bisogno di riforme che non siano solo efficaci da un punto di vista sostanziale, ma anche in quanto a chiarezza delle regole. E poi, per tornare a fare un paragone tra lo Stato e le aziende, in Italia esiste una questione di modello gestionale, di stabilità. Se già per un impresa cambiare vertici ogni anno o molto di frequente e’ una fonte di possibili problemi, per uno Stato il problema si amplifica».
Come vede l’economia globale nel suo insieme?
«Non condivido la paura che ha dominato sui mercati finanziari nei primi giorni dell’anno, quando i listini crollavano al primo raffreddore. La Cina cresce comunque oltre il 6 per cento, gli Stati Uniti nonostante l’ultimo rallentamento vengono da un periodo di progressivo sviluppo, e l’Europa e’ in ripresa. L’altissima volatilità finanziaria è dovuta a una sorta di cattiva percezione della realtà».
Quali sono i progetti di Telecom per scommettere sulla ripresa?
«Il nostro piano industriale prevede una copertura della banda ultra larga fissa dal 40 al 75 per cento entro il 2017, e dall’88 al 95 per cento quella della rete mobile 4G. E naturalmente cresceremo su diversi altri fronti».
Con l’aiuto del nuovo socio francese Vivendi, ormai salito fino al 21 per cento del capitale?
«Il futuro delle telecomunicazioni è creare connessioni e offrire servizi e contenuti di alta qualità, indipendentemente da dove ti trovi o da quale dispositivo usi. E un partner che vuole costruire in Europa un polo di contenuti importante è un valore aggiunto in termini di competenze ed esperienza: piani di lungo termine e stabilità dell’azionariato creano valore per l’impresa».
E lo scorporo della rete?
«Credo sia nell’interesse di nessuno».
Anche dei consumatori?
«Al consumatore interessa una connessione veloce, affidabile e al prezzo migliore. Questo è il nostro obiettivo».
Guidare un’azienda in Italia, se sei un piccolo imprenditore, è un mestiere eroico Il piano industriale prevede una copertura della banda ultralarga fissa dal 40 al 75% entro il 2017