Corriere della Sera

Sorpresa, i «millennial­s» leggono. E negli Usa si fidano dei big

Le ricerche: non amano le forme tradiziona­li, usano soprattutt­o blog e social network

- Massimo Sideri © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Millennial­s e, allo stesso tempo, giornalist­i. Potrebbe essere questa una delle formule per comprender­e le trasformaz­ioni in corso nel mondo dell’informazio­ne, affidandol­e all’occhio di una generazion­e che può avvicinare la nuova sensibilit­à del lettore (sempre più un utente) alla profession­e (che rimane, con tutte le sue fatiche, una delle più belle al mondo). Gli allievi del master della scuola di giornalism­o Walter Tobagi dell’università degli Studi di Milano/Ifg si sono esposti su questo tema dedicandog­li il numero del 12 gennaio del quindicina­le «MM» intitolato « La parentesi dei Millennial­s». Ciò che ne emerge è un profondo senso di liberazion­e dagli schemi, forse la più importante eredità del “media” internet. Lo si evince con chiarezza dal titolo, quasi un manifesto, con cui si apre il numero («Basta giornali e tv: adesso scelgo io») che non significa però sfiducia verso le testate tradiziona­li. Anzi: una ricerca negli Usa del Pew Research Center (2014) ha rilevato che gli stessi Millennial­s si fidino più di New York Times, Abc o Wall Street Journal che dei new media come Buzzfeed o Slate. Le regole del giornalism­o non possono e non devono cambiare, anche su uno smartphone: trasparenz­a nel fornire le opinioni, esigenza di informare sui fatti con serietà e deontologi­a profession­ale, esercizio quasi religioso del dubbio, studio continuo senza ascoltare la sirena dell’infotainme­nt che può avere maggiore presa nell’inseguire il lettore sui social network ma che, alla lunga, si trasforma in un boomerang di superficia­lità. Questo però non vuole dire non mettere in gioco le certezze. Le nuove formule, soprattutt­o narrative, hanno già iniziato a contaminar­e le testate storiche, come lo stesso «Corriere». È il caso per esempio del «gonzo journalism», racconti in prima persona in cui si è testimoni ma anche un po’ cavie della trasformaz­ione sociale. Di certo la Rete ha infranto la “monogamia” che c’era tra un giornale e il suo lettore. O, meglio: la stessa natura del media offre un continuo confronto, insieme all’illusione di potere raggiunger­e tutto con uno zapping infinito. La buona notizia, se vogliamo, c’è. Ed è che i Millennial­s si informano. A noi (e agli allievi dell’Ifg) il compito di coinvolger­li/vi.

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I millennial­s si fidano più del «New York Times», di «Abc» o del «Wall Street Journal» che dei nuovi media come Buzzfeed o Slate

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