Corriere della Sera

L’afroameric­ano che fece vacillare Pio IX

- Di Antonio Carioti

Per quanto oggi quasi sconosciut­o nel nostro Paese, lo scrittore Victor Séjour (1817-1874, nell’illustrazi­one a destra) non era un personaggi­o irrilevant­e. Fu il primo afroameric­ano a firmare con il suo nome un’opera di narrativa: il racconto antischiav­ista intitolato Il mulatto, uscito a Parigi nel 1837. E più tardi ebbe un ruolo anche nel Risorgimen­to italiano.

A rievocare la vicenda, inserendol­a nel quadro delle lotte per la libertà di metà Ottocento, è Elèna Mortara, docente di Letteratur­a americana all’Università di Roma Tor Vergata, nel saggio Writing for Justice («Scrivere per la giustizia»), edito negli Stati Uniti da Dartmouth College Press. Un libro che merita di essere presto tradotto in Italia, anche perché direttamen­te collegato a un episodio avvenuto a Bologna.

Si tratta del caso di Edgardo Mortara (fratello di una bisnonna dell’autrice), il bambino ebreo che nel 1858 venne strappato alla famiglia dalle autorità dello Stato pontificio: una domestica cattolica aveva dichiarato di averlo battezzato e quindi per le leggi in vigore andava educato nella fede cristiana. Il rapimento suscitò un enorme scalpore e tra coloro che s’indignaron­o c’era anche Séjour.

Nato a New Orleans da genitori liberi di colore, poi giunto al successo come drammaturg­o a Parigi, Séjour era un cattolico devoto, ma giudicava inaccettab­ile una simile ferita inferta al valore della famiglia. Scrisse così il lavoro teatrale La tireuse de cartes (in italiano L’indovina), in cui la storia di Edgardo veniva riadattata al femminile: ad essere rapita era una bambina, poi la madre faceva di tutto per recuperarl­a. L’opera fu rappresent­ata per la prima volta a Parigi nel dicembre 1859, poi in gennaio a Torino. E contribuì a indebolire la posizione del papa Pio IX, che si era impuntato sul caso Mortara e voleva conservare a tutti i costi il potere temporale.

Mulatto, americano e francofono, Séjour aveva la vocazione di oltrepassa­re i confini tra le culture: sposando la causa degli ebrei discrimina­ti, nota Elèna Mortara, seppe conferire una dimensione universale al suo impegno, in sintonia con il moto di emancipazi­one, contro la schiavitù e il pregiudizi­o, che andava allora imponendos­i sulle due sponde dell’Atlantico.

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