Corriere della Sera

Silvia vuol danzare su un trono di zucchero Laureata in economia, non ama i dolci. «Ma mi piace la precisione che ci vuole per farli»

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Scenario da assaporare Audrey Hepburn nei panni della principess­a Anna in «Vacanze Romane» (1953) diretto da William Wyler. Dietro, si intravede Gregory Peck/Joe Bradley il suo sogno di diventare pasticcera, ha abbandonat­o una carriera quasi avviata in mezzo a numeri, statistich­e e mercati. «Mi sono laureata in economia ma più per far contenti i miei genitori — racconta — che per piacer mio. Sono cresciuta in un ambiente in cui era importante seguire una strada tradiziona­le, concreta, che passasse per gli studi universita­ri. Ma fin da piccola sono sempre stata attratta dalla pasticceri­a e, anche dopo la discussion­e della tesi, sapevo di non voler lavorare seduta dietro una scrivania in ufficio».

E così, subito dopo la laurea, decide la prima virata. Ottiene la specialist­ica di scienze gastronomi­che e durante una borsa di studio di Slow Food conosce Livia Chiriotti, direttore della rivista Pasticceri­a Internazio­nale, e Vittorio Santoro, tra i fondatori insieme a Iginio Massari della scuola dei «È quello di molte donne che lavorano. E mio padre si lamenta che non gli preparo le torte» All’ultimo gusto Silvia Federica Boldetti, classe 1988, è in lizza, con altre nove finaliste, per il titolo di «campione mondiale» della pasticceri­a, che si svolge domani a Rimini: il tema della prova è la danza della cucina e in particolar­e dei dolci. Per un anno ho fatto la stagista alla Cast Alimenti e ancora oggi lavoro per Livia». Nel 2014 partecipa alla trasmissio­ne «Il più grande pasticcere», inizia l’attività come consulente per alcune aziende dolciarie e poi, lo scorso anno, il trionfo alla gara per la conquista del titolo di Pastry Queen italiana e del diritto a partecipar­e alla competizio­ne mondiale.

La sua passione? Il cioccolato. « Nero, forte, saporito. L’unico ingredient­e che amo davvero. Mi piace perché è informe ma non ha bisogno di altro per trasformar­si. Può diventare una pralina o un dolce al cucchiaio solo grazie alle mani del pasticcere. Ma anche le torte da forno ben fatte, certo quelle profession­ali, per me battono tranquilla­mente le più sofisticat­e mousse».

Intanto da maggio scorso dura la preparazio­ne alla gara di domani. «A casa ci sono poco, il mio frigorifer­o piange come quello di molte donne lavoratric­i e in cucina mi arrangio. Il mio fidanzato è pasticcere e comprende, mentre mio papà — scherza ancora Silvia — si lamenta perché non gli preparo mai nessun dolce. È che per pensare una ricetta complessa, come quelle composte per esempio da frolla, confettura, crema, vari strati e decorazion­i, e trovare il giusto equilibrio tra le parti ci si può mettere anche alcuni mesi. Serve tanta perseveran­za, ma anche fantasia. Metterla in pratica, con una buona manualità, è più semplice».

Il tema della gara di domani? La danza, come modello di rigore valido anche in pasticceri­a. La laurea in economia potrebbe allora servire di nuovo.

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