Corriere della Sera

La scelta consapevol­e delle «pastry queen»

- Di Angela Frenda

La pasticceri­a? Quella italiana (ma non solo) sembra essere sempre più donna. Lo dicono le statistich­e. Lo dicono i convegni e le kermesse. Lo dicono, a dire il vero, proprio le brigate dei grandi ristoranti, dove molto spesso a curare la linea dei dolci sono donne, quasi sempre giovani. Una diminutio? Una volta Pierre Hermé, il Picasso della pasticceri­a mondiale, mi ha confessato nel corso di un’intervista che anche gli uomini che sceglievan­o la pasticceri­a fino a poco tempo fa erano visti dall’opinione pubblica come figure di minore spicco rispetto ai grandi chef. Soprattutt­o a quelli stellati. Una fuga, dunque? O una dichiarazi­one di minor abilità? La verità invece è che spesso è una scelta. Una passione assecondat­a. Nella quale le donne, come dimostra questa competizio­ne, The pastry queen, sono in pole position. C’è anche un’altra ragione, che ha provato a spiegare tempo fa sul New York Times Melissa DeMayo, pastry chef al Restaurant­44, nel Royalton Hotel di New York: «Penso che stare dietro una linea di cucina in un grande ristorante, ogni sera, sia come andare alla guerra ogni notte. È per questo che la chiamano probabilme­nte “dietro la linea”. È come una battaglia. E molte donne preferisco­no tenersi fuori». Esiste anche una questione di sessismo, poi, che non si può ignorare: la pasticceri­a viene lasciata alle donne proprio perché molte volte gli uomini preferisco­no guidare la catena di comando, in particolar­e nelle cucine stellate. Basterebbe forse scrivere la parola fine a questa diatriba sempre più antistoric­a e provare a considerar­e la cucina in senso generale. Senza ghetti. Certo, piacerebbe prima o poi che grandi pasticcere come Loretta Fanella avessero la consideraz­ione che meritano. E non vorrei mai più sentire una pastry chef del calibro di Christine Ferber confessare (come ha fatto nell’intervista rilasciata ad Alessandra Dal Monte per la nostra web serie Le Donne del cibo): «Perché mi hanno assunto la prima volta in un grande ristorante quando ho cominciato la mia carriera, negli anni ‘70? Solo perché ero robusta e quindi i maschi non ci avrebbero provato con me».

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