Corriere della Sera

The Eichmann Show

Il ruolo storico della tv nel «processo del secolo»: le dirette sul gerarca nazista fecero capire al mondo gli orrori della Shoah

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esperienza, anche perché avevano la sensazione di non essere creduti. Gli scampati alla Shoah si coprivano con la camicia i numeri impressi a fuoco sulle braccia. Si sentivano «ebrei sconfitti» al confronto dei «pionieri» che apparivano invece come «ebrei vincenti». Queste anime così diverse che avevano vissuto la tragedia in maniera tanto dissimile riuscirono in un’aula di tribunale a esprimere insieme, per la prima volta dal 1948, un vero spirito unitario. Ci vollero quelle immagini televisive perché anche gli «altri» cominciass­ero a credere.

Da allora, la tv, non diversamen­te dal cinema, ha assunto sempre più la duplice veste di fonte e strumento di narrazione storica. Se il Novecento è stato definito il secolo «della testimonia­nza», questo si deve alla sempre più massiccia e pervasiva presenza dei mezzi di comunicazi­one di massa che affiancano, registrano e, talvolta, si pongono al centro della vita politica e culturale delle società tardomoder­ne. Dal processo Eichmann, la tv diventa il luogo di dispiegame­nto — reale, simbolico o meramente retorico — dei fatti storici, che non possono sottrarsi all’occhio della pubblica visibilità (sebbene, ovviamente, il mito della visibilità totale lasci fuori ampi coni d’ombra). Le trasmissio­ni televisive cominciano a incidersi nella memoria collettiva, raggiungen­do una grandissim­a audience, intervenen­do direttamen­te sul contesto in cui la storia stessa si realizza. La tv diventa «agente di storia».

The Eichmann Show ci fa rivivere i quattro mesi del processo e la difficoltà delle riprese, anche dal punto di vista morale. Spesso l’etica (mostrare anche le fasi più noiose del dibattimen­to) si scontrò con l’estetica: drammatizz­are il male attraverso

Sul grande schermo La scelta del produttore che chiamò il regista Hurwitz, pioniere delle telecamere, finito nella «lista nera» di McCarthy

i primi piani dell’imputato. Ma quelle immagini scioccaron­o il mondo per l’evidente mancanza di rimorso del colpevole. L’80% della popolazion­e tedesca guardò almeno un’ora del programma ogni settimana. Il processo venne trasmesso su tutte e tre le reti statuniten­si, con notiziari quotidiani in altri Paesi. Ci furono persone che svennero guardando il processo in tv. Intanto, in quei mesi, la tv si doveva anche occupare di Yuri Gagarin primo uomo nello spazio, della baia dei Porci, di Alan Shepard, il primo americano in orbita… Quanto alla tv italiana, si celebra il centenario dell’Unità d’Italia e nasce «Tribuna politica».

Oggi, grazie a un accordo tra gli Archivi di Stato Israeliani, lo Yad Vashem di Gerusalemm­e (il principale museo dedicato al ricordo dell’Olocausto) e Google, molte delle riprese televisive realizzate durante il processo sono visibili su YouTube. Tocca a Internet assumere ora il ruolo che in passato è stato mirabilmen­te svolto dalla television­e.

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