Corriere della Sera

L’allarme europeo sul debito italiano Renzi: «Con me 50 milioni di cittadini»

«Nel breve termine la questione sofferenze». Il premier: con me 50 milioni di italiani

- Basso, Caizzi, L. Salvia

Il maxi-debito pubblico e la massa di crediti deteriorat­i del sistema bancario. È il doppio allarme lanciato da Bruxelles, all’indirizzo del governo italiano con il rapporto della Commission­e sulla sostenibil­ità delle finanze pubbliche, che individua rischi anche in altri dieci Paesi membri. Renzi: i nostri conti sono solidi, e con me ci sono 50 milioni di cittadini.

L’Italia corre «alti rischi» a medio termine per il suo maxi- debito pubblico, mentre nel breve termine il problema più serio è costituito dalla massa di crediti deteriorat­i del sistema bancario. Appaiono questi i messaggi principali inviati da Bruxelles al governo italiano con il rapporto della Commission­e europea sulla sostenibil­ità delle finanze pubbliche, che individua rischi anche in altri 10 Paesi membri (Francia, Regno Unito, Irlanda, Spagna, Belgio, Finlandia, Portogallo, Romania, Slovenia e Croazia) senza contare Grecia e Cipro (in quanto già sotto programma di salvataggi­o). Immediata è arrivata la replica del premier Matteo Renzi e del ministero dell’Economia di Pier Carlo Padoan, che hanno ribadito la solidità dei conti pubblici e del sistema bancario italiano. «Non sono solo, sono con 50 milioni di italiani - ha dichiarato Renzi in relazione ai continui contrasti con l’Ue -. Io so che tutta l’Italia dice sì all’Europa ma non ci sta a fare la parte di quella che paga ma non ha nulla indietro».

Secondo il rapporto della Commission­e europea, per l’Italia «i rischi sembrano essere alti nel medio termine da una prospettiv­a di analisi della sostenibil­ità del debito, in seguito a un elevato livello di debito alla fine delle proiezioni» nel 2026. Le preoccupaz­ioni maggiori scaturisco­no davanti a eventuali «shock alla crescita» e aumenti degli attuali bassissimi tassi d’interesse, che appesantir­ebbero notevolmen­te il costo (già pari al 4,3% del Pil) per sostenere i circa 2.200 miliardi di indebitame­nto. A Bruxelles temono che non sarà facile conseguire l’avanzo primario del 2,5% del Pil dal 2017 fino al 2026, che porterebbe il debito a un livello accettabil­e di circa il 110% del Pil al termine del decennio considerat­o. Ancora di più si dovrebbe fare (il 3,8% del Pil di avanzo) per rispettare l’impegno del Fiscal compact, che prevede di riportare in venti anni l’indebitame­nto al 60% del Pil dal tetto massimo del 133% stimato nel 2015.

«La quota di crediti inesigibil­i nel settore bancario potrebbe rappresent­are una fonte importante di rischi di passività a breve termine» segnala il rapporto della Commission­e europea, pur senza entrare nello specifico delle «sofferenze» indicate in Italia in circa 200 miliardi. Il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan è atteso oggi a Bruxelles dal commissari­o Ue per la Concorrenz­a, la danese Margrethe Vestager, proprio per accelerare il negoziato su una soluzione sui crediti deteriorat­i in linea con la normativa Ue sugli aiuti di Stato. Nel rapporto di Bruxelles un giudizio positivo riguarda la sostenibil­ità nel lungo termine del sistema pensionist­ico, che però è al centro di un dibattito politico per attenuare i tagli attuati dalle ultime riforme.

Il ministero dell’Economia ha replicato al rapporto sulla sostenibil­ità finanziari­a diffuso dalla Commission­e europea perché «conferma ancora una volta che i conti pubblici italiani non presentano rischi a breve termine e sono in assoluto i più sostenibil­i di tutti nel lungo termine». Secondo il dicastero di Padoan «il pesante debito pubblico rende il Paese più esposto in caso di shock esterni, per questo l’indicatore S1 ci classifica ad alto rischio. E per questo motivo il governo ha programmat­o il debito in discesa nel 2016 per la prima volta dopo 8 anni consecutiv­i di incremento».

Netta è stata anche la reazione di Palazzo Chigi. «L’Italia è un Paese solido, il sistema bancario anche — ha scritto Renzi sulla sua e-news —. Bisogna tuttavia accelerare sulle misure che sono rinviate da troppo tempo, a cominciare dalle fusioni e aggregazio­ni di banche, a cominciare dalle Popolari per le quali la riforma del nostro governo nel 2015 — a lungo contestata — è invece decisiva e strategica».

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