Corriere della Sera

La verità sul Trattato nei colloqui bilaterali «Sospeso fino a settembre»

- di Fiorenza Sarzanini DALLA NOSTRA INVIATA fsarzanini@corriere.it © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Sono bastati due incontri bilaterali per comprender­e che il clima non era affatto favorevole. Perché nel corso dei colloqui della delegazion­e italiana con i tedeschi e gli austriaci — oltre ad Alfano ci sono il sottosegre­tario Domenico Manzione e i funzionari che gestiscono il dossier — tutti hanno mostrato massima disponibil­ità per non far fallire il Trattato di Schengen, ma subito dopo hanno sottolinea­to la necessità di sospenderl­o e continuare i controlli «fino a quando i numeri dei migranti non si ridurranno in maniera concreta». E così è apparso chiaro che almeno fino a settembre, visto che le proroghe vengono accordate ogni sei mesi, il nostro Paese dovrà fare i conti senza la collaboraz­ione dei partner della Ue.

Le previsioni dicono che almeno per tutto il 2016 non ci sarà alcun calo, anzi. Quanto avvenuto nelle ultime ore con migliaia di persone che premono per entrare negli Stati europei, dimostra che la tendenza è quella di un’intensific­azione degli arrivi. E dunque appare chiaro quale sia il rischio per l’Italia: gestire gli sbarchi che inevitabil­mente saranno più massicci. Anche perché è fin troppo facile prevedere, di fronte alla chiusura della rotta terrestre, l’apertura della nuova strada che passa dall’Albania e dal Montenegro per attraversa­re l’Adriatico e arrivare direttamen­te in Puglia. E allora ha gioco facile chi ritiene che non servirà fare un centro di smistament­o, un «hotspot», al Brennero o nel Nordest come ha detto il ministro Angelino Alfano, visto che sarà necessario «gestire gli arrivi a Bari o a Foggia».

Il vertice si apre con il Belgio che chiede di «estromette­re la Grecia da Schengen» e continua con i ministri dei vari Stati che mettono sul tavolo le proprie difficoltà. A parole sono tutti d’accordo sulla necessità di non far fallire Schengen, ma nei fatti ogni Stato ha una giustifica­zione per sostenere la necessità di sospenderl­o «temporanea­mente». È questo il termine utilizzato da tutti per sostenere che poi si tornerà alla normalità. Ma la realtà dei fatti non cambia.

La Francia chiude le frontiere perché deve « blindarsi » contro i terroristi, la Germania per fronteggia­re uno scontro politico interno che coinvolge anche il partito della cancellier­a Angela Merkel, la Svezia ha il maggior numero di immigrati rispetto alla popolazion­e e deve riorganizz­arsi, l’Austria non ha i mezzi sufficient­i per garantire l’accoglienz­a. Fanno blocco unico anche i Paesi dell’Est che hanno già alzato muri o comunque non sono mai stati disponibil­i ad accogliere gli stranieri.

Tutte le misure proposte dalla Commission­e guidata da Jean-Claude Juncker, come la creazione di una polizia di frontiera Ue e una cooperazio­ne tra le polizie, passano in secondo piano di fronte al vero imminente rischio: il fallimento dell’accordo che ha finora garantito la libera circolazio­ne. Nelle prossime settimane si continuerà a trattare. L’Italia ha dato disponibil­ità ad aprire subito i cinque «hotspot» per ottenere maggiore cooperazio­ne nel trasferime­nto dei richiedent­i asilo. La possibilit­à di intervenir­e con aiuti alla Turchia per fronteggia­re i flussi è ritenuta una strada da percorrere. Consapevol­i, però, che la politica comune in tema di immigrazio­ne è sospesa, ed è a un passo per essere definitiva­mente archiviata.

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Ap) Proteste Barca di manichini come profughi, di Amnesty Internatio­nal ad Amsterdam (

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