Corriere della Sera

«L’Unione potrebbe finire in pezzi E per il futuro torna l’ipotesi Grexit»

- Giuliana Ferraino

Il mondo che ci aspetta visto da Ian Bremmer fa piuttosto paura. Ma i due rischi più grandi nel 2016 riguardano soprattutt­o l’Europa. «Schengen rischia di andare a pezzi, a causa della crisi dei rifugiati, perché anche una sospension­e comporta grandi costi economici e politici. E mi preoccupa la capacità dei Paesi europei di rispondere alla prossima crisi», sostiene il politologo americano, 46 anni, fondatore e presidente del centro studi Eurasia Group.

La prossima crisi non è il Brexit. «Non credo che sia un evento probabile. A dispetto di tutte le difficoltà, dalla crisi dei rifugiati al pericolo Isis, scommetto che il Regno Unito sceglierà di restare nell’Unione Europea», afferma Bremmer, ieri a Milano per una conferenza organizzat­a dalla società di risparmio gestito Kairos. Teme piuttosto una riedizione della crisi greca. «Ho paura di che cosa potrebbe succedere quando dell’Isis, la vulnerabil­ità del Medio Oriente e tutti gli altri rischi davanti a noi però «non sono casuali», ma legati a fattori struttural­i. «America e Usa attraversa­no una crisi di identità. Gli Stati Uniti non vogliono più essere il poliziotto del mondo. L’Europa ha perso i valori sui quali è stata costruita, anche se la tecnocrazi­a di Bruxelles farà di tutto per mantenere in vita le sue istituzion­i», dice Bremmer, prevedendo un ulteriore indebolime­nto delle relazioni transatlan­tiche, il pilastro del xx Secolo. Non è questione di chi diventerà il prossimo presidente degli Stati Uniti. «Non farà differenza. Chiunque vinca l’impatto sarà limitato anche sui mercati».

È in atto «un cambiament­o geopolitic­o struttural­e, una distruzion­e creativa geopolitic­a — l’ultima volta era accaduto alla fine della Seconda guerra mondiale — che porterà a un nuovo ordine mondiale in futuro». Non possiamo più parlare di Bric, l’acronimo che identifica­va Brasile, Russia, India e Cina, perché oggi ognuno dei quattro Paesi emergenti ha una storia diversa e va per la sua strada, e quella di Mosca con un Vladimir Putin sempre più combattivo fa un po’ più paura delle altre. Il Medio Oriente è vulnerabil­e, per il calo del prezzo del greggio e la minaccia terroristi­ca dell’Isis. L’Arabia Saudita preoccupa per la tenuta del governo a causa di faide interne che potrebbero mettere in discussion­e la legittimit­à della leadership, ma anche per le tensioni con l’Iran. Insomma, «non esiste più un G7 o un G8 e nemmeno un G20, viviamo in un mondo G zero», riassume Bremmer, un mondo «in crisi di leadership e di valori», dove «nessuno pensa più globale». E in questo contesto instabile, «il rischio sarà struttural­e e gli investitor­i dovranno pensare alla resilienza più che alla crescita».

Ci sono anche buone notizie, e vengono soprattutt­o dall’Asia. «Le tre maggiori economie del pianeta, Usa, Cina e Giappone sono toccate solo marginalme­nte» dai pericoli che minacciano l’Europa. «Le preoccupaz­ioni sull’economia cinese sono reali, ma non nel breve periodo. La Cina ha le risorse per sostenere la crescita, che forse non sarà del 7%, ma resterà sostenuta». Si dichiara «entusiasta dell’India, penso che continuerà a crescere». E promuove il Giappone, che «non cresce, ma è stabile e resiliente».

E L’Italia? «È su una traiettori­a positiva di riforme politiche, la più positiva di qualunque Paese europeo e questo ci dice che l’asticella in Europa è molto bassa», valuta con ironia Bremmer.

@16febbraio

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