Con Mattarella «dialogo esplorativo» su tutte le aree di crisi
Si è parlato anche di business, certo. Ma il confronto si è concentrato soprattutto sulla politica internazionale e sul Medio Oriente in particolare. Dove le cose sono drammaticamente peggiorate da quando l’Isis non è più solo un’incognita, quanto piuttosto «una minaccia grave, ormai la minaccia numero uno per la comunità internazionale».
Sergio Mattarella incalza il presidente iraniano con le armi dialettiche di chi crede che «gli strumenti della diplomazia e del negoziato siano i più giusti per risolvere le crisi». Senza escludere nessuna opzione e nessun potenziale attore dell’area. «Ci aspettiamo che voi usiate la vostra influenza nella regione. Questo può essere decisivo per un successo nella lotta al terrorismo di Daesh».
Una lotta che va condotta con un impegno corale e «facendo terra bruciata intorno a Daesh senza ambiguità», concorda Hassan Rouhani, con un cenno che richiama il discusso ruolo dell’Arabia Saudita. E aggiunge, sibillino a metà, per non creare inutili disagi: «Bisognerebbe comunque capire chi rifornisce di armi i terroristi. E a chi loro vendono il petrolio su cui hanno messo le mani».
E’ un «dialogo esplorativo» che nei momenti più attesi da entrambi gli interlocutori si focalizza sulla geopolitica, quello tra il capo dello Stato italiano e l’ospite appena atterrato sul nostro suolo. Il Quirinale, con i suoi saloni fastosi e con la solennità del cerimoniale, è la prima tappa di un tour europeo che segna un nuovo disgelo verso L’Iran. Una fase nata dal ritiro delle sanzioni dopo il trattato sul controllo del programma nucleare. In verità, e non solo per ingraziarsi il padrone di casa, l’ospite non manca di far osservare come l’atteggiamento dell’Italia verso il suo Paese sia stato sempre «molto avanzato» e come, anche nelle stagioni di rapporti più tesi con il mondo occidentale, tra Roma e Teheran sia sempre stato attivo «un canale privilegiato».
Sarà dunque anche per queste premesse che vanno oltre i convenevoli, ai quali si aggiunge la conferma di voler sostenere la candidatura italiana quale membro (non permanente) del Consiglio di sicurezza dell’Onu, che l’incontro prende subito una piega «cordiale e, anzi, amichevole», come la definiscono i rispettivi staff. Di sintonia su alcuni dossier sensibili. Per esempio sulla questione libica, intorno al cui futuro Mattarella e Rouhani concordano. In questi termini: senza un esecutivo, la Libia resterà in mano ai trafficanti di esseri umani e in questa fase è pertanto necessario che «tutte le parti trovino un accordo» per un governo rappresentativo. Ecco «le condizioni» in base alle quali la comunità internazionale potrà impegnarsi. Cioè un quadro di stabilità interna, accompagnato da una richiesta di aiuto. Ma il dialogo tra i due statisti è andato oltre, spaziando su Siria, Yemen, Iraq, Afghanistan e Libano. E sulla situazione a Beirut, anche se oggi in movimento, Rouhani si è dilungato lodandone la costituzione costruita in una La conferma iraniana di voler sostenere la candidatura italiana quale membro non permanente del Consiglio di sicurezza Onu logica di coesistenza interreligiosa (il presidente dev’essere un cristiano maronita, il premier un musulmano sunnita mentre il vertice della Camera va a uno sciita) e raffrontandola con quella dell’Iran. Nel nostro Parlamento, ha spiegato, per attenuare l’idea di uno Stato monoliticamente costruito su misura dai soli ayatollah, «siedono insieme cristiani, ebrei, sunniti e perfino adepti dello zoroastrismo».
Poi, prima dell’invito a Mattarella per una visita a Teheran, il presidente iraniano ha rimarcato l’interesse del suo Paese a stringere accordi economici con Roma. E non solo con le nostre grandi aziende, ma anche con le piccole e medie imprese (comprese le società d’assicurazione e le banche). Una collaborazione, hanno concordato entrambi, da perfezionare pure sul fronte culturale tra le due nazioni. E qui, per inciso, riflettendo a voce alta su come l’Europa vive la pressione dei profughi, Rouhani ha ricordato — con nonchalance — che da loro ci sono fra i tre e i quattrocentomila profughi afghani, ai quali viene garantita accoglienza e istruzione.