IL PREMIER PUNTA A UNA MEDIAZIONE CHE NON SPEZZI IL FILO CON M5S
Le tensioni tuttora forti disegnano una sfida aperta tra Matteo Renzi e le sue opposizioni dentro e fuori dal Pd. Eppure, a Palazzo Chigi sono convinti di spuntarla: sia domani, quando si discuterà la questione di sfiducia sul salvataggio di Banca Etruria; sia quando, probabilmente la settimana prossima, il Senato voterà la riforma sulle unioni civili. Si tratta di due appuntamenti che magari ridefiniranno i confini della maggioranza, senza tuttavia terremotarla. Anche perché la pattuglia dei senatori che fanno capo a Denis Verdini non è disposta a affossare il governo. Non significa automaticamente che darà la fiducia a Renzi.
In quel caso, il rischio sarebbe di alimentare la protesta, per quanto un po’ tardiva, della minoranza dem. È più probabile che i senatori di Ala, acronimo del gruppo, escano dall’aula di Palazzo Madama, facendo abbassare il quorum per aiutare la coalizione a uscire indenne. Essere contro la sfiducia e appoggiare il governo sono cose diverse, e non solo formalmente: nel secondo caso cambierebbe la maggioranza. La partita delle unioni civili è più scivolosa. In assenza di una mediazione sulle adozioni concesse alle coppie omosessuali, si ammette che nel segreto dell’urna il Senato potrebbe perfino bocciare la proposta del governo.
Renzi è stato reciso nell’escludere qualunque passo indietro. E l’emendamento presentato dal suo fedelissimo Marcucci per far decadere tutte le modifiche avversarie sembra il deterrente da usare per piegare le resistenze. Il vero obiettivo è fare accettare alla componente cattolica del Pd una mediazione che escluda i rinvii al matrimonio, contenuti nella legge e a rischio di incostituzionalità; e modificare la parte sulle adozioni senza non perdere il sostegno del Movimento 5 stelle. Molti si sono chiesti i motivi dell’insistenza renziana.
Uno, quello ufficiale, è il ritardo dell’Italia nel regolare le unioni civili rispetto al resto
Renzi ha bisogno del sì del Movimento di Grillo per non avere un’emorragia a sinistra con il voto amministrativo di giugno
d’Europa.
Ci sarebbe dunque un’esigenza quasi di civiltà che Palazzo Chigi accredita per avvalorare la riforma. La cauta apertura della Chiesa cattolica in materia offre una conferma, benché accompagnata da preoccupazioni che diventano ostilità nel caso delle adozioni. Poi ci sono i motivi politici. E il primo è che alle amministrative di giugno, Renzi ha bisogno della massima copertura a sinistra.
Sa che la sua base è schierata in larga parte a favore della legge. Approvarla col M5S eviterebbe un’emorragia di voti in quella direzione. Lo scontro con gli organizzatori del Family Day lo innervosisce meno, invece. Il segretario-premier sa che pochi di quanti andranno in piazza il 29 gennaio sono elettori del Pd. Con questa strategia, il capo del governo conta di poter vincere a Milano, Torino e Bologna; di «giocare la partita» a Roma; e di offrire un candidato renziano di testimonianza del Pd a Napoli, in alternativa ad Antonio Bassolino. Se finisse così, il percorso fino al referendum di autunno sulle riforme potrebbe diventare davvero meno accidentato.
La strategia