Corriere della Sera

Gli studenti al parrucchie­re anti-racket: paga, così sei libero

Lezione di legalità a Ostia, fra applausi e disillusio­ne. Il 16enne: se non denuncia lo Stato perché devo farlo io?

- Claudia Voltattorn­i

All’ultimo World Economic Forum di Davos circolava un gioco chiamato «The name game». L’autrice Meredith Jones, responsabi­le della MJ Alternativ­e Investment Research, ha calcolato quali sono i nomi ricorrenti ai vertici dei maggiori hedge fund, scoprendo che ci sono molti più capi uomini con lo stesso nome che donne al comando con nomi diversi. Il rapporto d’altronde, spiega Jones, è di ottanta a uno: bisogna scalzare diversi John, David, Robert e William prima di incontrare un’unica Jane.

A dispetto dei codici etici e dei grandi annunci, Wall Street continua ad avere un problema con le donne. Dopo le statistich­e e i processi, a denunciare il divario di genere ritornano le storie. Quella di Maureen Sherry, raccontata sul New York Times, è così paradigmat­ica che presto, oltre che un romanzo ( Opening Bell), diventerà un film.

Sherry è stata direttrice generale di Bear Stearns, la banca d’affari statuniten­se finita sotto il controllo di JP Morgan dopo la tempesta finanziari­a del 2008. La sua carriera è un insieme di episodi che ricordano i soprusi delle confratern­ite universita­rie piuttosto che

Elisa, prima media: «Il coraggio le è venuto dalla famiglia o già lo aveva?». Melania, quarta elementare: «La mafia non è un nemico troppo forte?». Michael, quarta elementare: «La polizia sta con te anche la notte?». Luca, terza liceo: «Io pagherei il pizzo per avere la tranquilli­tà: è più importante dei soldi». E ancora Andrea, quarta liceo: «Ma perché le forze dell’ordine e i politici passano davanti alle ville dei delinquent­i e non fanno nulla?». O Giulia, quarta elementare: «Se tu paghi poi però ti lasciano stare, no? Così compri la tua libertà».

Decine di mani alzate. Domande. Racconti. Silenzi. Molti applausi. E sorrisi. Come quando Lucia, 9 anni, chiede: «Tu vai in chiesa a pregare che non ti succeda più nulla?».

Sul palco del Teatro del Lido di Ostia Salvatore Castellucc­io, parrucchie­re e testimone di giustizia arrivato apposta da Napoli per parlare di mafia, camorra, usura, pizzo. Lui che vive con la scorta («a volte anche di notte, sì») dopo che lo scorso agosto ha detto basta a 15 anni di «pizzo» e ha denunciato tutti. Lo racconta a bambini e ragazzi, nel quartiere di Roma affacciato sul mare, dove il municipio è stato commissari­ato per mafia e dove, forse, qualcuno è già stato testimone di episodi di usura.

«La legalità dovrebbe diventare una materia da studiare a scuola», dice Salvatore invitato da Fai-Antiusura Ostia Volare Onlus e Libertas insieme per la legalità. Per lui è la prima volta, è emozionato. Tutti ascoltano in silenzio quando ricorda quella pistola puntata in faccia mentre gli chiedevano duemila euro al mese di «pizzo». Maria: «Hai avuto paura?». «Certo, ma non volevo perdere la mia dignità e li ho fatti arrestare». «E se fanno del male alla tua famiglia?». «Ci penserò. Però — aggiunge — se tutti smettono di avere paura, sconfiggia­mo la mafia » . Ma Andrea, 16 anni: «Gran parte dello Stato è corrotto, è evidente: se non denunciano loro, perché dovremmo farlo noi? » . I suoi In sala Un momento dell’incontro tra i ragazzi e Salvatore Castellucc­io compagni applaudono. Sul palco c’è imbarazzo. E Salvatore: «Lo Stato siamo tutti noi, non quelli corrotti: se siamo in tanti a dire no al pizzo, aiutiamo lo Stato, cioè noi». Brusio tra gli adolescent­i. Interviene la prof: «Certo, lo Stato non è corrotto, ma al decimo municipio non c’eravamo noi, ma politici corrotti». Di nuovo applausi. Una maestra di quarta prende il microfono: «Non compri la libertà, ma la loro prepotenza, e se qualcuno è corrotto, voi ragionate sempre con la vostra testa e urlate forte: “Io no”». Applausi.

 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy