Sport, cibo, stoviglie Couture & vita reale
La collezione atletica di Versace, la quotidianità di Schiaparelli. E Dior torna a sfilare senza stilista
PARIGI Anonimo parigino. Sfila Dior senza stilista ed è chiaro a tutti che senza un comandante la barca non va dove deve andare. Non che affondi, no. L’ufficio stile, che esce in passerella a raccogliere gli applausi (d’incoraggiamento) ha fatto il suo lavoro, anche bene. Didascalico e preciso: le giacche bar, gli abiti di tulle, i tailleur, i bustier, i volant, i cappotti, i pizzi e i ricami. Ma senza quel tocco di personalità e sogno e perfezione maniacale cui una haute couture ambisce. Chapeau però al gruppo dirigente che ha comunque deciso di sfilare e continuare a cercare il successore di quel Raf Simons che ha lasciato un bel lavoro a metà. Il toto nomi è più che in fermento: la vecchia voce su Heidi Slimane, che lascerebbe Saint Laurent a Anthony Vaccarello, e la nuova di un ammiccamento per Jonathan Saunders, classe 1977, britannico di Glasgow, cocco del gruppo. Si vedrà.
No comment di Vaccarello in prima fila da Donatella Versace (lui disegna Versus) con Riccardo Tisci e Alexander Wang. È un piacere vederli scherzare con le modelle in passerella e applaudire alla bella sfilata della stilista italiana. Una collezione dalla forte identità per via della carica sexy, delle lavorazioni, del glam, dei colori. Senza compromessi. Una couture «atletica» per donne che usano «la forza del proprio corpo per raggiungere ogni obiettivo», così dice la canzone che Violet ha scritto ad hoc per lo show. Gli abiti sono tutti ritagliati come gabbie e poi drappeggiati con bande di silicone, croquet e catene e corde di cristallo si intrecciano sulle curve delle ragazze, il lungo abito di maglia che è un ricamo unico, la tuta che è una trama di micropaillettes, lo smoking che è tagliato a pannelli e riassemblato a incastro: «Volevo portare la couture nella vita reale — spiega la stilista — ma non sapevo come fare. Poi ho pensato allo sport e ho fatto le bretelle e il resto. Insomma la mia anima è il mio corpo. Ho scelto anche donne formose perché il messaggio fosse ancora più forte». Gli applausi dei colleghi? «Adoro Riccardo. La sua faccia mi ricorda mio fratello Gianni».
Elogiava Elsa Schiaparelli «il piacere di ricevere gli amici e il cibo» e da questa frase è partito Bertrand Guillame per raccontare una nuova storia che non dimentica, appunto, segni e segnali. Ecco così che piatti e ortaggi, aragoste e gamberetti, sono ricamati fra cuori e bocche, iris e occhi, soli e lucchetti su tulle e chiffon, tessuti preziosi e antiche tele di lino. A sorpresa certi intarsi sono fatti con antichi asciugamani tagliati e riposizionati come i disegni che amava Elsa. C’è un abito di organza intarsiato con una preziosa tovaglia. Un bellissimo sogno. Finalmente. Si complimentano i colleghi Chiuri e Piccioli (Valentino) e Carla Bruni. Soddisfatto Diego Della Valle: «L’atelier ora funziona a pieno ritmo».