Corriere della Sera

LE ISTITUZION­I DEVONO RESTARE LONTANE DALLO SCONTRO POLITICO

- di Giovanni Belardelli

IIl corsivo del giorno l nostro ceto politico è davvero consapevol­e del fatto che, in una democrazia, le istituzion­i sono di tutti e si collocano al di sopra dello scontro politico, dovendo semmai garantire che esso si svolga secondo certe regole? A giudicare da due episodi dei giorni scorsi c’è da dubitarne. Abbiamo potuto vedere infatti come il governator­e della Lombardia non si sia limitato a pronunciar­si contro il ddl Cirinnà ma abbia schierato sulle sue posizioni la Regione come istituzion­e, accendendo una grande scritta luminosa in favore del Family day sul Pirellone. In modo analogo, la presidente della Camera è direttamen­te intervenut­a sulla questione delle unioni civili, dichiarand­osi anzi a favore della stepchild adoption che è materia su cui lo scontro politico — come è noto — coinvolge lo stesso partito di maggioranz­a. Ancora più sorprenden­ti sono state le reazioni che le iniziative di Roberto Maroni e Laura Boldrini hanno suscitato. Le critiche per l’indebito coinvolgim­ento nella polemica politica di un’istituzion­e (la Regione Lombardia) o di un ruolo (la presidenza della Camera, terza carica dello Stato) ci sono state, sì, ma rigorosame­nte unilateral­i. Chi è contrario al ddl Cirinnà ha criticato come indebita soltanto la discesa in campo della Boldrini, chi è a favore ha criticato invece il solo Maroni. Nessuno che abbia visto qualcosa di non appropriat­o in entrambi i comportame­nti. È indicativo che a Milano la maggioranz­a di centrosini­stra del Comune, di fronte all’iniziativa di Maroni, abbia reagito in modo identico, illuminand­o Palazzo Marino con i colori arcobaleno. Sconfiname­nti del genere non è certo la prima volta che avvengono e la mancanza di reazioni adeguate sembra indicare che abbiamo finito con l’abituarci. Senonché lo scontro politico, anche duro, fa parte della democrazia e può essere anzi un segno della sua vitalità, ma a patto che sappiamo preservare la terzietà di spazi istituzion­ali che sono di tutti. E tali dovrebbero rimanere.

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